Il parroco celebra Messa con le foto dei parrocchiani

Il parroco celebra Messa con le foto dei parrocchiani

autore: A.M.B. da Avvenire.it

A Robbiano di Giussano (Monza e Brianza) il parroco ha chiesto ai fedeli di mandargli una foto. Le ha stampate e messe sulle panche. Così ha celebrato domenica la Messa
Il parroco Giuseppe Corbari ha messo sui banchi della parrocchia dei Santi Quirico e Giulitta a Robbiano di Giussano (Monza e Brianza) i selfie che gli hanno inviato i parrocchiani – Ansa


Le panche sono piene, questa domenica. Ci sono le famiglie, come sempre. Ci sono molti anziani. Da soli o in coppia. C’è un ragazzo che mostra il suo disegno dell’arcobaleno, a dire fiducioso che #andratuttobene. La chiesa è animata, ma silenziosa. Un silenzio irreale.

Sì, perché don Giuseppe vede i suoi fedeli, ma non li può sentire. Celebra in comunione con loro, i volti sorridenti e partecipi, ma i parrocchiani in quel momento sono ciascuno nella propria casa. Partecipano alla Messa davanti alla televisione o in streaming su Facebook. Gli hanno inviato una fotografia, un selfie. E lui, don Giuseppe Corbari parroco a Robbiano in Brianza, le ha stampate a colori, grandi, e le ha messe ciascuna su una sedia o nel posto abituale nella panca.

Sorride il parroco, lasciandosi fotografare. Perché quando ieri ha celebrato Messa non solo i fedeli hanno forse potuto vederlo, in streaming, ma lui vedeva loro. E soprattutto perché hanno risposto numerosi all’appello, hanno scattato le foto, gliele hanno inviate.

Forse le ha chieste per sentirsi meno solo, o per ricevere e per restituire (anche attraverso la pubblicazione) un segno tangibile di vicinanza, in tempi in cui l’isolamento per la pandemia ci porta a riscoprire i legami sociali, forzatamente a distanza.

Piccoli gesti che diventano un’azione comunitaria. Come quella di “restare a casa” che tutti stiamo mettendo in atto, ciascuno facendo la propria parte. Solo così, con gesti individuali che costruiscono l’impresa corale, possiamo pensare di superare le difficoltà del tempo che stiamo vivendo.

La pietra che fiorisce

La pietra che fiorisce

dal sito: https://www.adoratrici.it

Proponiamo una riflessione sulla pandemia di suor Maria Teodora Giacobbe che ci chiama a ricostruire sull’esempio di chi oggi sta dando la vita per gli italiani. coloro che, operando nella sanità, sono in trincea, sono come fiori tra le macerie. Suor Maria Teodora fa parte delle Monache dell’Adorazione Eucaristica, comunità monastica di Adorazione perpetua fondata da suor Maria Gloria Riva, grande amica del Serra.

È mezzogiorno, dal sentimento italiano parte un applauso di ringraziamento a quanti stanno lavorando per l’Italia. Un applauso che dice unità, Patria e speranza. È davvero commovente scoprire la capacità dell’uomo di ritornare alle origine della verità di sé. L’uomo è fatto per la comunione, per l’aiuto reciproco ed è bello vedere come la creatività sia la sola risposta all’angoscia, ed in questo gli italiani sono maestri.
Un poeta calabrese cantava dell’Italia l’essere una terra di poeti, artisti e scrittori per questo capace di rialzarsi sempre! Nella terra dove Cristo ha piantato il cuore della Chiesa non può che scorrere la speranza, fiumi di speranza. Siamo uniti ad ogni cuore che grida sofferenza in questi giorni, ad ogni pensiero di preoccupazione; stiamo in ginocchio davanti al Sacramento per quanti, con più ardore di prima, lo farebbero ma non possono.
Cerchiamo attraverso dei mezzi di comunicazione di essere un segno di speranza, una presenza che consola, di permettervi di pregare con noi e di dirvi così il nostro grazie perché ci state aiutando a costruire anche la nostra storia, fatta di volti e anche di mura. Quasi un grido di speranza il nostro volere continuare a costruire, a migliorare, a rendere bello il posto in cui viviamo! Non vogliamo fermarci perché solo l’uomo che non ha Cristo si ferma e si dispera. Noi con voi vogliamo gridare ancora con più voce: Bellezza, Bellezza, Bellezza, quell’unica parola che scalda il cuore, lascia la luce negli occhi e non fa morire la speranza.
In questi giorni dove impera il motto “io resto a casa”, che per noi è quasi ovvio, abbiamo ripreso a lavorare nel nostro giardino sentendo tutta la forza e l’energia di quanti vogliono ma non possono lavorare. La primavera non si risparmia di fiorire in questo tempo di calamità e noi figli di Dio non vogliamo forse gridare al mondo intero: Cristo ha vinto la morte?
Lo facciamo costruendo perché chi verrà dopo possa riconoscere il passaggio dei figli del Risorto!
Noi preghiamo e lavoriamo, non ci fermiamo e neanche voi!

Lettera di S.E. Mons. Patron Wong ai serrani

Cari Amici del Serra Club,

All’inizio della Santa Messa di sabato, 21 marzo 2020, Papa Francesco ha voluto “ricordare le famiglie che non possono uscire di casa”. E ha manifestato la sua comprensione per loro, dicendo: “Forse l’unico orizzonte che hanno è il balcone. E lì dentro, la famiglia, con i bambini, i ragazzi, i genitori…”.

Come membri del Club Serra, condividendo con i nostri cari questo momento difficile, siamo chiamati a pregare per le famiglie, culla delle vocazioni.

Il nostro sguardo credente va oltre la “casa” e il “balcone”, e sa – anche nella fatica e nel dolore – cogliere la vocazione di ciascuno alla vita, alla fede, a un compito specifico nel mondo.

“La famiglia, con i bambini, i ragazzi, i genitori”, seppur provata in questa “situazione inedita, in cui tutto sembra vacillare” (Papa Francesco, Videomessaggio, 19 marzo 2020), è comunità di chiamati, che per ora “non possono uscire di casa”, ma per i quali Dio ha, dall’eternità, scritto un progetto di amore.

Vorremmo quindi, avere il coraggio del futuro e continuare a pregare il Padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe.

Ma non solo. Mentre viviamo in questo periodo forme diverse di disagio – dal dramma del lutto, alle problematiche economiche e lavorative, all’isolamento doveroso per evitare la diffusione del contagio – vorremmo unire la nostra sofferenza a quella di Gesù, che contempliamo Crocifisso e Risorto.

Lo stile di fraternità, che caratterizza il nostro Club, ci unisce spiritualmente nell’invocazione e nell’offerta.

Vi ricordo tutti con grande affetto,

Jorge Carlos Patrón Wong
Arcivescovo-Vescovo emerito di Papantla
Segretario per i Seminari

Santa Pasqua 2020. Lettera del Presidente.

“Resurrexit sicut dixit”. Cristo è veramente risorto, Alleluja!

Carissimi amici,

ci apprestiamo a vivere una Settimana Santa diversa da come avremmo voluto, non potremo partecipare alla Messa Crismale, alla Messa in Coena Domini, all’Adorazione della Croce, alla Messa delle Palme e infine alla Celebrazione della Resurrezione di Cristo, ma certamente saremo uniti tra noi e a Colui che risorgendo ci ha liberati dalla morte.

In allegato, condivido con voi le bellissime parole che il nostro Consulente Episcopale S.E. Mons. Patron Wong mi ha inviato perché ve ne facessi partecipi tutti.

Nel segno del Cristo Risorto auguro a tutti voi ed ai vostri cari di vivere in letizia ed amore la Santa Pasqua.

Enrico Mori

Signore, non lasciarci in balia della tempesta

Il Papa prega per la fine della pandemia

Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata da Papa Francesco al momento di preghiera straordinario in tempo di epidemia

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.

 

È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

 

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

 

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

 

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni.

È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

 

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

 

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

Foto: Tgcom24

Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 57ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI (3 maggio 2020)

Le parole della vocazione

 

Cari fratelli e sorelle!

Il 4 agosto dello scorso anno, nel 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, ho voluto offrire una Lettera ai sacerdoti, che ogni giorno spendono la vita per la chiamata che il Signore ha rivolto loro, al servizio del Popolo di Dio.

In quell’occasione, ho scelto quattro parole-chiave – dolore, gratitudine, coraggio e lode – per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero. Ritengo che oggi, in questa 57ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, quelle parole si possano riprendere e rivolgere a tutto il Popolo di Dio, sullo sfondo di un brano evangelico che ci racconta la singolare esperienza capitata a Gesù e Pietro durante una notte di tempesta sul lago di Tiberiade (cfr Mt 14,22-33).... Continua a leggere

La bellezza dell’assenza

Il legame tra il sacerdote e le persone semplici

Condividiamo questo splendido messaggio di Don Virginio Colmegna, Presidente della Fondazione “Casa della Carità” a Milano.

 

Club di Ferrara. Il messaggio di don Salvoldi ai serrani per il 50° di sacerdozio

Don Valentino Salvoldi è stato nostro ospite Lunedì 20 Novembre 2017 in occasione di un Incontro Conviviale che il Serra Club Ferrara ha organizzato presso la Sala della Musica in città.. In qualità di oratore, ha tenuto una conversazione dal titolo ‘Giovani, preziosi perché fragili’. Il Serra Club Ferrara ha vissuto un momento veramente molto bello ed importante, anche perché mai si erano visti ai nostri incontri tanti giovani, fra cui molti seminaristi. Questo, nell’anno in cui il Serra ha dedicato proprio a loro il tema: “Nuovi linguaggi e nuovi gesti, credibili, concreti, per chiamanti e chiamati: il servizio del Serra a favore delle vocazioni”.

Questa conferenza/lezione ha destato grande interesse soprattutto per la capacità di trasmettere il pensiero del relatore. Don Valentino Salvoldi è stato missionario per più di quaranta anni in oltre trenta paesi del mondo ed incaricato, dalla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli ed in qualità di “professore visitatore”, di formare i formatori del clero delle giovani Chiese (Africa e Asia). Ha creato attorno a sé un vasto movimento di solidarietà con i popoli del sud del mondo ed ha fondato “Shalom”, un’organizzazione non lucrativa avente come finalità la crescita morale e culturale dei giovani in Italia e nei paesi impoveriti. E’ autore di numerosi libri, scritti con stile semplice e tradotti in molte lingue, che nascono dalla vita e tornano tra la gente per dare speranza, per rendere il mondo più giusto e fraterno, più vicino al regno del Dio fatto Uomo.

In occasione della sua visita a Ferrara ed a seguito della sua Conferenza, fra noi serrani e Don Valentino Salvoldi è nata una sincera amicizia, grazie alla quale ci manteniamo in contatto. In occasione del cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale (18 marzo 2020) e in considerazione dei tempi difficili in cui tutti noi ci troviamo a vivere, ha voluto inviarci un breve messaggio ricco di riflessioni teologiche-spirituali, frutto della sua esperienza missionaria così complessa ed importante. Come Serrani, abbiamo voluto condividerlo con voi e lo trovate qui di seguito. ... Continua a leggere

“Il Signore chiama a tutte le ore”. Testimonianza di don Giovanni Toldo.

Da molti anni Direttore della Caritas Diocesana di Siena, don Giovanni Tondo è stato precedentemente impegnato nella Pastorale giovanile Foraniale, nella Pastorale vocazionale, nel servizio dei poveri, nel catechismo presso la Parrocchia di S.Spirito in Siena fino all’ordinazione diaconale ed a quella presbiterale, avvenuta nella Cattedrale di Siena, la notte di Pentecoste 2019, per imposizione delle mani di S.E.R. Monsignor Antonio Buoncristiani, allora Arcivescovo Metropolita di Siena – Colle di Val d’Elsa Montalcino. ... Continua a leggere