Già a settembre 2015, appena qualche giorno dopo la proclamazione della canonizzazione da parte di Papa Francesco, la statua di Junipero Serra che si trova nel Golden Gate Park di San Francisco, era stata oggetto di gravi atti vandalici e sacrileghi e imbrattata di vernice rossa.... Continua a leggere
A distanza di due anni, nell’agosto del 2017, altri contestatori avevano profanato la statua del Santo, ricoprendo le mani e il volto, anche questa volta di vernice rossa, e riportando sul busto la scritta ingiuriosa di “murderer”, ossia di “assassino”. Ad accrescere l’infamia, l’apposizione sulla statua di una svastica, quasi a indicare il frate come un precursore di Hitler.
E molti vorrebbero che persino la statua che, dal 1831, si trova nel Campidoglio di Washington, sia rimossa e sostituita. A maggior spregio, un senatore californiano del Partito democratico, Ricardo Lara, vorrebbe sostituire la statua di Junipero Serra con quella molto discussa di Sally Ride, la prima donna astronauta degli Stati Uniti.
Atti vandalici, oltraggi e ingiurie da parte di quanti sostengono che Junipero Serra sia il simbolo del colonialismo razzista, che nel suo percorso missionario ha schiavizzato le popolazioni indigene nelle sue Missioni, sopprimendo le loro culture.
A dare man forte a questa tesi, il Direttore del Movimento Mexia in California, che promuove i diritti degli indigeni, si è unito ai contestatori, in occasione della canonizzazione di Junipero Serra, sostenendo che “la nostra protesta è per dire al Papa che canonizzando Junipero Serra vogliono canonizzare il colonialismo, vogliono canonizzare la supremazia bianca e vogliono canonizzare il genocidio del nostro popolo. E questo è un atto immorale”.
Tutto questo mentre la storia, la vera storia, dimostra esattamente il contrario. Le fonti vaticane ricordano Junipero Serra come “un instancabile missionario” che, sulla base di documenti inoppugnabili, convertì al cattolicesimo 5.309 nativi, entrando più volte in conflitto con le autorità civili e militari.
“Un innamorato del Vangelo”. Così lo giudica Padre Giovanni Giuseppe Califano, che ha seguito in prima persona il processo di canonizzazione di Junipero Serra. E che così lo ricorda: “Certamente in San Junipero Serra nessuna virtù fu assente: una fede robusta, una speranza e una carità soprannaturale, e tutte le virtù cardinali. Ma l’umiltà fu indubbiamente l’abito a lui più congeniale”.
Anche Papa Francesco, nella omelia in occasione della cerimonia di canonizzazione al Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington del 23 settembre 2015, cosi si esprimeva: “Ha saputo vivere quello che è “la Chiesa in uscita”, questa Chiesa che sa uscire e andare per le strade, per condividere la tenerezza riconciliatrice di Dio. Ha saputo lasciare la sua terra, le sue usanze, ha avuto il coraggio di aprire vie, ha saputo andare incontro a tanti imparando a rispettare le loro usanze e le loro caratteristiche”.
Studi accademici, seri e puntuali, danno un colpo mortale alle menzogne di questi contestatori. Altro che violazione dei diritti degli indigeni, altro che soppressione delle loro culture, altro che colonialismo, ma semplicemente assoluto rispetto delle loro origini, delle loro tradizioni, della loro libertà di scelta.
Perseveranza, umiltà, coraggio, impegno missionario, carità, difesa dei deboli: sono questi i veri semi della fede cristiana che hanno accompagnato Junipero Serra nel suo percorso di “Apostolo della California”. E, come tale, giustamente la Chiesa lo ricorda nel suo Martirologio: “Colosso dell’evangelizzazione e padre degli indios, sacerdote dell’ordine dei frati minori, che tra le tribù ancora pagane di quella regione, nonostante gli ostacoli e le difficoltà, predicò il Vangelo di Cristo nella lingua dei popoli del luogo e difese strenuamente i diritti dei poveri e degli umili”.
Questo è il vero Junipero Serra! Un frate che, pur fortemente condizionato da una piaga che gli impediva di camminare, non si tirò mai indietro. Il percorso missionario di Junipero Serra non fu mai privo di ostacoli, ma passo dopo passo aprì strade, colpo dopo colpo scolpì Cristo in molte anime, e pietra dopo pietra e uomo dopo uomo gettò le basi per la fondazione delle sue Missioni. L’evangelizzazione di Junipero Serra è stata una storia, che è passata alla storia della Chiesa, la storia di un frate francescano che ha operato con grande forza interiore per portare il Vangelo tra gli indiani d’America. La grandezza di Junipero Serra sta proprio nel fatto di avere vissuto il Vangelo come vita quotidiana, mescolandosi agli umili e ai poveri, che riusciva a convertire con l’esempio, oltre che con la parola, essendo il primo a inginocchiarsi in mezzo a loro nei momenti della confessione e della penitenza. Junipero Serra seppe rispondere alla sua vocazione missionaria con tenace applicazione e con un impegno radicale e propositivo verso gli indios, che considerava i suoi fratelli e sorelle. Fu insegnante, architetto, capo mastro, muratore, infermiere, dispensatore di cibo, ma fu soprattutto dispensatore del cibo della Parola di Dio. E fu proprio nell’assolvimento di questa missione divina che Junipero Serra divenne anche seminatore di fondazioni religiose, le sue Missioni appunto, che ancora oggi sono la testimonianza più pura della sua grande opera di evangelizzazione.
Fra Junipero Serra è passato alla storia come “Apostolo della California”, ma ora che lo veneriamo come Santo entra “a vele spiegate” nella storia della Chiesa anche:
– come Apostolo della Misericordia, per l’impegno profuso a favore di un popolo misero, derelitto, abbandonato, quale era quello degli indiani, per portarlo alla redenzione e alla conoscenza di Dio.
– come Apostolo dell’Amore, per avere, con la sua predicazione, educato gli indios a uscire dalla solitudine, a unirsi al popolo si Dio, ad amarsi tra loro e con gli altri, come Cristo ci ha insegnato.
– come Apostolo della Carità, per il sostegno materiale, morale e spirituale dato a chi, nell’indigenza, nell’ignoranza e nella miseria, quale era la situazione del popolo indios, aveva bisogno di un aiuto concreto per poter crescere in una prospettiva di vita che lo avvicinasse a Dio.