Club di Caltagirone. Celebrazione 8^ Charter.

Giorno 28 Gennaio u.s. il Serra Club Caltagirone ha celebrato l’8^ Charter. I soci si sono riuniti alle 18,30 nella Basilica Cattedrale San Giuliano partecipando ai vespri e alla sobria celebrazione eucaristica presieduta dal Prevosto-Parroco Don Giuseppe Federico già Rettore del nostro Seminario Vescovile.

La ricorrenza dell’incorporazione è coincisa con il triduo di preparazione della festa di San Giuliano titolare della Cattedrale. Durante l’omelia Don Federico nel ringraziare i soci del club ha evidenziato l’importanza del nostro movimento che promuove nella società civile una cultura favorevole alle vocazioni, in particolare a quelle sacerdotali e della vita consacrata ed il sostegno umano al clero anziano.

Al termine della celebrazione Don Giuseppe Federico che è inoltre il Referente Diocesano Cammino Sinodale, ha intrattenuto i soci sul tema “Il Cammino Sinodale delle Chiese in Italia” evidenziando come nella nostra diocesi è iniziata la fase narrativa che è propedeutica all’avvio di un processo che vuole portare ad una riforma reale della vita ecclesiale, un processo che, come ha detto Papa Francesco “ci aiuti non a fare un’altra Chiesa, ma a fare una Chiesa diversa”. Già a partire dalle prossime settimane su sollecitazione del Vescovo Mons. Peri, la Chiesa Calatina è chiamata a fare esperienza di sodalità tramite incontri di piccoli gruppi dove è possibile ascoltarsi. L’obiettivo è quello di assimilare un modo di camminare insieme che diventi ordinario del nostro essere Chiesa, un modo di camminare che non esclude nessuno.

Mario Amore

PROGETTO AUXILIUM. Ultimo ringraziamento.

Carissimi tutti,

è proprio grazie al vostro entusiasmo, al vostro cuore che oggi con gioia devo
aggiornare l’entità dei doni raccolti: eu 19.870,00=

Il “PROGETTO AUXILIUM” nasce come un’accorata richiesta di aiuto per dare
aiuto e la risposta è stata pronta: la mano tesa di tutti noi serrani.

Un grande sentimento di gratitudine giunga a Voi tutti, attraverso la nostra
Fondazione, da parte di chi potrà essere aiutato nel suo prezioso percorso. Un
grazie particolare da parte mia perché avete condiviso un progetto che ci ha uniti
in un importante scopo comune. Come ho già comunicato, cinque sono state le borse
di studio deliberate, ma con questa ultima cifra raccolta altre cinque potranno
essere deliberate in questo 2022.

Sempre avanti nel nostro cammino!…… il nostro cuore ci guiderà!

Un caro e fraterno abbraccio,

Marco Crovara

Corso di Antropologia Vocazionale. Edizione 2022. 2° Incontro

DIOCESI DI AVERSA
Scuola Pastorale di Teologia per Laici 2021-2022

Corso di Antropologia Vocazionale

Giovedì 27 gennaio 2022, alle ore 12:00, secondo appuntamento con il Modulo di “Antropologia Vocazionale”.
Il tema al centro della lezione illustrata da don Stefano Rega, Direttore dell’Ufficio per la Pastorale delle Vocazioni, è “La Famiglia Umana: L’amore tra l’uomo e la donna”.

Il Corso prevede sei incontri saranno pubblicati ogni giovedì alle ore 12:00 su Facebook (Gruppo “Scuola Pastorale di Teologia per Laici”) e su Youtube (Canale “Chiesa di Aversa”).

27 gennaio 2022: Secondo incontro

 

VEDI GLI INCONTRI PRECEDENTI

20 gennaio 2022: Primo incontro

 

 

Corso di Antropologia Vocazionale. Edizione 2022.

DIOCESI DI AVERSA
Scuola Pastorale di Teologia per Laici 2021-2022

Corso di Antropologia Vocazionale

Giovedì 20 gennaio 2022 ha preso il via il Modulo di “Antropologia Vocazionale”, curato dall’Ufficio per la Pastorale delle Vocazioni della Diocesi di Aversa ed inserito nel percorso annuale della Scuola Pastorale di Teologia per Laici 2021-2022, ideata dall’Ufficio Catechistico della diocesi di Aversa. Condividiamo con i serrani la prima lezione del corso, condotta da don Vincenzo Garofalo.

Il Corso prevede sei incontri saranno pubblicati ogni giovedì alle ore 12:00 su Facebook (Gruppo “Scuola Pastorale di Teologia per Laici”) e su Youtube (Canale “Chiesa di Aversa”).

20 gennaio 2022: Primo incontro

 

 

Vangelo della misericordia

Nell’Angelus di domenica 23 gennaio scorso in Piazza San Pietro, Papa Francesco nel commentare il Vangelo della Liturgia, che riguarda l’iniziazione della predicazione di Gesù, ha invitato i fedeli a portare il Vangelo in tasca o nella borsa per poterlo leggere in qualsiasi momento, perché “familiarizzarsi con il Vangelo ci porta la novità e la gioia di Dio”. Un invito particolare, inoltre, a leggere il Vangelo di Luca, noto come “il Vangelo della Misericordia”, nella considerazione che il Vangelo di Luca è proclamato nelle domeniche di quest’anno liturgico. Papa Francesco ha ripetuto spesso questa esortazione alla lettura del Vangelo, tanto da farne uno degli assi portanti della sua azione pastorale, ma considera il tema della Misericordia una peculiarità ed un elemento distintivo del Vangelo di Luca, dal quale ha tratto anche il motto dell’Anno Santo straordinario del 2016: “Misericordiosi come il Padre”.

Sono tre le parabole della misericordia oggetto del Vangelo di Luca: quella della pecora smarrita, della moneta perduta e del figliol prodigo. Queste parabole rappresentano il vertice dell’insegnamento di Gesù sulla misericordia ed esprimono l’amore immenso di Dio per i suoi figli, pronto a perdonarli e ad accoglierli tra le sue braccia perché Dio è sorgente di misericordia ed è alla sua misericordia che bisogna guardare ed attingere, non con superficialità ed esteriorità, ma con sentimenti profondi di condivisione perché chi usa misericordia può trovarla in Dio.

Come il buon pastore non si preoccupa delle pecore del suo gregge, che lascia al sicuro nel gruppo, dove si sentono protette, per affrontare la fatica e i pericoli nella ricerca dell’unica pecora che si è perduta fino alla gioia del ritrovamento, così Gesù è inviato dal Padre per andare in cerca di chi si è smarrito allontanandosi da Dio, pronto a perdonarlo e a raccoglierlo tra le sue braccia.

Come la donna che ha altre monete ma non esita a dedicarsi alla ricerca dell’unica moneta perduta finché non la ritrova e a festeggiarla, così ciascun uomo e un gioiello prezioso e un tesoro inestimabile ricercato da Dio per essere salvato. Ed è proprio per ritrovare gli uomini perduti che Gesù si è immolato sulla croce.

Come il Padre che ama entrambi i figli, quello che non lo abbandona e quello che si allontana, fino a festeggiarlo al suo ritorno, perché hanno lo stesso valore, così tutti gli uomini sono uguali agli occhi di Dio, anche i più peccatori perché la gioia e l’amore di Dio è quello di perdonare.

Luca, autore del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli, a differenza degli altri Evangelisti, non ha mai conosciuto Gesù ma ha avuto la capacità di scrivere un’opera storica di grande bellezza che conduce il lettore ad incontrare la misericordia di Dio. Dante Alighieri lo definì “Scriba mansuetudinis Christi”. Oltre ai tre Vangeli della Misericordia, infatti, Luca ha scritto altre delicatissime pagine colme di amore che si ispirano sempre alla misericordia, quali quelle del buon samaritano, del pubblicano umile, di Zaccheo che incontra la salvezza.

Il Vangelo di Luca ancora oggi, dopo duemila anni, continua ad essere di attualità e ad affascinare non solo i credenti, ma ogni uomo che, leggendo con amore e passione le sue pagine, accetti la sfida di mettersi in cammino guidato dalla misericordia dal Signore.

Cosimo Lasorsa

La Comunità dei Figli di Dio

La Comunità dei figli di Dio ha come carisma specifico quello di vivere una vita cristiana all’insegna di un monachesimo interiorizzato aperto a tutti, teso al riconoscimento del primato di Dio, volto all’accoglienza di chiunque si senta chiamato a tendere alla pienezza della carità.

La Comunità dei figli di Dio (CFD), fondata dal sacerdote servo di Dio Divo Barsotti, [Palaia (PI), 25 aprile 1914 – Settignano, (FI) 15 febbraio 2006] è un’Associazione pubblica di fedeli che desiderano vivere nel mondo il mistero dell’adozione filiale, avendo come strumenti quelli che nella Chiesa sono da sempre i mezzi propri della spiritualità monastica: ascolto della Parola di Dio, vita liturgica e sacramentale, preghiera del cuore, esercizio della carità fraterna. Nel mondo: i membri della Comunità non si ritirano negli eremi, non vivono ordinariamente in piena solitudine, ma vivono da monaci nel mondo, tra gli uomini e nelle strutture sociali. Lavorano negli uffici, nelle scuole, nei posti pubblici, nelle case; sono uomini e donne, giovani e anziani, sposati e non sposati: uniti in un’unica famiglia mediante una consacrazione, grazie alla quale si donano e si consegnano al Verbo di Dio, alla Vergine Madre e alla Chiesa.

 

Cenni storici – La Comunità è nata negli anni 1947-48 per opera di don Divo Barsotti. Arrivato a Firenze dalla diocesi di San Miniato nel 1945 e accolto dal Cardinal Elia Dalla Costa su sollecitazione di Giorgio La Pira, viveva presso un convento di suore vicino a Porta Romana. Fu un piccolo gruppetto di donne, già legate tra loro da un forte legame religioso, che chiese a don Divo di essere guidato nel cammino spirituale. Egli accettò la proposta. Il Padre – da allora fu sempre chiamato così – dette presto a loro un programma di vita ben preciso: celebrazione quotidiana della liturgia delle Ore, impegno a custodire il sentimento della Divina Presenza pur nel consueto scorrere della vita di ogni giorno, studio e meditazione della Sacra Scrittura e dei testi della grande Tradizione cristiana orientale e occidentale, incontro di gruppo tutte le settimane e una giornata al mese di Ritiro. Barsotti sentiva fortemente la necessità che nella Chiesa si risvegliasse la sensibilità al primato dei valori contemplativi come parte integrante della vocazione del battezzato, in qualunque stato di vita si trovasse a vivere. Di qui anche il nome scelto da don Divo per la famiglia religiosa che gli si andava formando intorno: Comunità dei figli di Dio, il nome stesso della Chiesa. Pian piano la Comunità andò crescendo e negli anni dal 1950 al 1960 si formarono gruppi in varie parti d’Italia: a Viareggio, Venezia, Palermo, Modena, Napoli… Anche la struttura della Comunità si andò pian piano delineando, fino alla sua ultima definizione, che si ebbe quando all’interno della Comunità si realizzò la ‘vita comune’, e si aprirono alcune case, maschili e femminili, con una impostazione di vita molto vicina alla disciplina religiosa in senso classico. La Comunità dei figli di Dio si costituì allora come “famiglia religiosa” pur comprendendo al suo interno tutti i diversi stati di vita; è la sua struttura attuale, oggi che la CFD si è diffusa anche all’estero (Gran Bretagna) fino in Africa (Benin), in America latina (Colombia), in Asia (Sri Lanka) e in Oceania (Australia).

Il nome – La Chiesa è già la Comunità dei figli di Dio! Il nostro nome non indica quindi nulla di specifico… «Non vogliamo nulla di specifico perché nella nostra vocazione è compresa e realizzata ogni vocazione cristiana». Il nostro nome indica solo il nostro desiderio di essere più consapevoli di quello che il battesimo ha operato nella nostra vita. «Chiunque è battezzato è figlio di Dio e fa parte della Chiesa… ma vive anche come figlio di Dio?». (D.Barsotti)

Vivere da figli – Noi ci richiamiamo al battesimo: vogliamo impegnarci seriamente e con costanza nel realizzare quanto il battesimo è in potenza, vogliamo vivere radicalmente la nostra vocazione cristiana: «vivere nel mondo il mistero dell’adozione filiale nella perfezione della carità”».

Altra è la natura, altro è il vivere secondo la natura che un essere riceve con la sua nascita… Quanto più è perfetta una natura, tanto più lungo è il tempo che è necessario perché la natura realizzi ogni sua potenzialità”. (D.Barsotti)

 

Struttura – Questa la struttura in quattro Rami:

– Laici che vivono nel mondo, sposati o non sposati, i quali, dopo un congruo periodo di preparazione, si consacrano a Dio nella Comunità. È questo il I Ramo della Comunità.

– Sposi o coppie di sposi che desiderano impegnarsi a vivere in famiglia seguendo i dettami dei consigli evangelici e quindi professando i voti di povertà, castità coniugale e obbedienza. È il II Ramo.

– Chi, pur restando a vivere nel mondo, vuole vivere la sua donazione a Dio nello stato verginale può professare i voti religiosi di povertà, castità piena e obbedienza (III Ramo).

– Infine il IV Ramo comporta la vita religiosa nelle case di vita comune, con fratelli e sorelle che lasciano tutto per vivere in piccole fraternità la cui impostazione di vita è tipicamente monastica: preghiera, silenzio, lavoro, studio.

Anche i sacerdoti diocesani possono far parte della Comunità, mantenendo la propria identità secolare e collocandosi o nel primo o nel terzo ramo.

Spiritualità La spiritualità della CFD vuole essere una spiritualità monastica. Soprattutto nell’Oriente cristiano lo stato di vita monastico è inteso come la realizzazione piena della condizione di grazia del battezzato. Essere monaci vuol dire vivere come specifica vocazione la tensione alla piena realizzazione della vocazione battesimale, comune a tutti. Su questa base don Divo Barsotti, ispirandosi alla spiritualità orientale e specificatamente russa, ha ritenuto possibile proporre al semplice battezzato, pur immerso nelle realtà del mondo, l’ideale monastico, nella dimensione di un ‘monachesimo del cuore’, un ‘monachesimo interiorizzato’. Per questo i mezzi che la Comunità offre per rispondere a questa specifica vocazione sono quelli propri della grande tradizione monastica: la vita liturgica e sacramentale, la preghiera e l’ascolto della Parola di Dio, la vita fraterna. Secondo dei programmi stabiliti, i membri della Comunità meditano ogni mese un libro della Sacra Scrittura in modo da leggere la Bibbia in un ciclo sessennale; frequentano per quanto possibile la vita sacramentale e liturgica della Chiesa; pregano ogni giorno con la liturgia delle Ore, almeno in alcune sue parti. Nel corso della settimana i consacrati si incontrano in piccoli gruppi; incontri in cui si prega, si fa formazione biblica, si assimila la spiritualità del Fondatore, ci si confronta e ci si aiuta nell’entrare sempre più nel cuore della vita spirituale. Ogni mese poi c’è un incontro allargato tra i vari gruppi esistenti nella stessa zona (Adunanza) e una mezza giornata di Ritiro, privilegiando la dimensione religiosa del silenzio. Durante l’anno infine si organizzano diversi corsi di Esercizi spirituali di cinque giorni in varie regioni d’Italia, e un pellegrinaggio per la conoscenza di luoghi significativi per la nostra spiritualità.

Siamo monaci – In che senso?

Siamo monaci, cioè uomini e donne «ordinati tutti all’ascolto della Parola di Dio e alla lode di Dio», impegnati a trasformarci in preghiera, a divenire una preghiera vivente e incessante (cf. 1Ts 5,17; Lc 18,1). «Il nostro primo impegno è l’ascolto della Parola di Dio… e nella lode divina, nella preghiera del giorno, noi offriamo alla Chiesa il nostro cuore e le nostre labbra perché la Chiesa intera preghi attraverso di noi» e facciamo nostri i bisogni di tutta l’umanità in un’intercessione universale e costante. Siamo chiamati «a divenire sacramento vivente della presenza viva di Dio. Per questo come Gesù dobbiamo vivere nel seno del Padre e rimanere nel mondo in mezzo ai fratelli. Il nostro monastero è il mondo, la nostra vita deve essere la vita stessa di Gesù». (D.Barsotti)

Siamo monaci perché ci ispiriamo al monachesimo primitivo, non per la fuga dal mondo e per le austerità della vita, «ma per una certa libertà e per un più diretto ordinarsi dell’anima a Dio. La nostra vocazione altro non è che l’impegno di vivere il nostro battesimo… Siamo monaci perché non vogliamo dimenticarci che Dio deve essere il primo amato, che Dio deve essere la meta ultima del nostro cammino. Il nostro deve essere un monachesimo interiorizzato» che si realizzerà «se vivremo una unione sempre più perfetta con Dio». «Saremo veramente monaci se tutta la nostra vita sarà una sola preghiera».

In fondo il nostro essere monaci si riassume molto bene nel “Cerco Dio solo” che pronunciamo nel rito della consacrazione (cf. Regola di San Benedetto 58).

“IL PRESEPE IN FAMIGLIA” con club di Massa Carrara

Anche nel periodo difficile che stiamo vivendo della terza ondata della pandemia, imprevista e preoccupante, il Serra Club di Massa Carrara, in collaborazione con la Parrocchia SS. Annunziata, in occasione del Santo Natale ha promosso la “Composizione del Presepe in famiglia”, che rappresenta ormai una nostra iniziativa tradizionale che ha raggiunto la 23• ma edizione.
Hanno aderito all’invito un numero consistente di ragazzi, ben 61, coinvolgendo con le famiglie oltre 200 persone in un bel momento di festa e di riflessione.
E’ stato per noi serrani un risultato che ci lusinga molto, perché si tratta di un evento di cristianità operativa che può essere di esempio in un contesto sociale in evoluzione e sempre più dissacrante.
Questa nostra iniziativa ha risposto bene “all’ Esortazione Apostolica del Santo Padre Francesco sul significato e valore del Presepe”.
Papa Francesco in questa Esortazione così ci ricorda: “Quando si pensa ai Presepi la mente corre subito a quello preparato in casa. Grande o piccolo che sia, quel Presepe ci appartiene perché esprime il calore della famiglia che tutta insieme si appresta a celebrare il Natale”. E continua: “E’ un insegnamento che rappresenta una vera forma di evangelizzazione, perché intende dare attualità alla trasmissione viva di un gesto che da secoli la Chiesa ha fatto suo per tenere la memoria viva del grande mistero della nostra fede”.
Nelle fotografie che i ragazzi hanno presentato si evidenzia la loro fantasia creativa che spesso ha dato vita a piccoli capolavori di bellezza.
I genitori che hanno collaborato con i figli alla composizione del Presepe, certamente sono stati riportati ai ricordi dell’infanzia e della fanciullezza carichi di nostalgia con il pensiero rivolto anche alle persone care che ci hanno lasciato e che ci hanno messo però nelle nostre mani questo prezioso momento, ed anche tutti noi, se saltiamo nel tempo con l’immaginazione, siamo portati a rivivere l’emozione e Io stupore del nostro primo Presepe. Era una beatitudine ritrovarci davanti al focolaio domestico avvolti da un’atmosfera armonica e dolce.

La cerimonia della premiazione, fatta nella Parrocchia, con la consegna di una pergamena come attestato di merito, date ai ragazzi dal Governatore del Distretto Signora Elena Baroncelli e dal nostro Presidente del Club Signora Elisabetta Agresti, e di un ‘Regalo” per la gradita partecipazione, dati dal Parroco della SS. Annunziata e Cappellano del nostro Club Don Cesare Benedetti.
La manifestazione si è svolta in un clima di festa, di gioiosa serenità e di amicizia.

D’Aloisio Gaetano

 

PROGETTO AUXILIUM. Comunicazione finale

Grazie all’entusiasmo e alla sensibilità dei Serrani il progetto ha avuto successo:

                                   abbiamo raccolto    eu 18.870,00=

   Carissime Amiche ed Amici serrani,

questo progetto è stato un prezioso dono che ci ha unito in uno scopo comune rendendo il risultato ancora più importante. I distretti, i clubs ed i singoli serrani italiani e svizzeri hanno trasmesso forza alla Fondazione affinché si potesse concretamente attuare la missione voluta dai nostri fondatori: il sostegno anche materiale. La formazione, la preghiera, l’unità di intenti sono la ricarica per farci capire che le testimonianze, il sostegno concreto sono del nostro mondo, quello a cui apparteniamo e che viviamo nel senso etico che l’esempio di Cristo ci ha indicato.

   Proprio in queste ultime ore abbiamo ascoltato sublimi parole sulle Beatitudini. Un uomo, uno di noi,

con semplicità, fermezza, formazione e intima convinzione ha vissuto le Beatitudini nella materialità

del quotidiano. Ne ha dato esempio con modestia pur nell’ampiezza del suo gesto. Ecco cosa ci insegnano questi esempi. Le nostre “batterie” della sensibilità spirituale una volta caricate debbono svolgere fino in fondo il loro compito. Quello di essere usate per muovere un qualcosa, un motore di tangibile misericordia

in tutti i campi e noi serrani lo dobbiamo fare particolarmente nel nostro: la preghiera ci ricarica per essere vicini alle vocazioni ma anche per essere concreti nel sostenerle.

   Il “Progetto Auxilium” è stata un’accorata richiesta di “aiuto per aiutare” e la risposta è stata la mano

tesa di tutti noi. Una risposta pronta ponendo in alto i nostri cuori, come si è detto. Grande è la gratitudine che vorrei trasmettere a Voi tutti, care Amiche ed Amici, ma è una gratitudine di cui la Fondazione è

solo il tramite perché ci arriva direttamente da chi ha potuto ricevere il nostro “dono del cuore”:

la FIBJS è la fondazione per il nostro mondo che cresce!

   Il ramo NON ONLUS, così, ha già potuto elargire 4 borse di studio, un’altra si sta perfezionando burocraticamente ed altre 4 verranno accolte con il ricevimento delle prossime richieste. Già ne aveva

elargite 2 nel Giugno scorso. Anche il ramo ONLUS 5×1000 è stato attivo in questo ultimo anno 2021 con 14 borse di studio elargite fra Giugno e Dicembre. Un totale di 20 donazioni per altrettante nostre giovani speranze. Ma il nostro cammino non si ferma qui, la sensibilità del serranesimo ci deve sempre più

convincere a perseverare, nella certezza che il bene comune è un tesoro prezioso di immenso e netto valore.

   A nome del Consiglio di Amministrazione e Collegio dei Revisori dei Conti della Fondazione Italiana Beato Junipero Serra e mio personale, vorrei porgerVi il più fraterno e sentito grazie per aver dato la Vostra fiducia aderendo al “PROGETTO AUXILIUM”.

  

   Un caro abbraccio,

                                                           Marco Crovara

                                                                     Presidente FIBJS

 

Un po’ di cielo in terra! Le Beatitudini vissute da David Sassoli nell’omelia del cardinale Zuppi

Riportiamo l’omelia tenuta dal Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, ai funerali di David Sassoli. L’omelia e’ una mirabile e singolare riflessione sulle Beatitudini, come vissute e testimoniate dal compianto David Sassoli. Questa omelia e’ un documento utile e preziosa per il lavoro dei Serra Club volto ad approfondire il tema dell’anno “Vivere le Beatitudini e’ rendere eterno quello che passa. E’ portare il cielo in terra”.

Fratelli e sorelle, (oggi come non mai è il vero titolo che ci unisce tutti per accompagnare questo caro fratello nelle mani del Signore) abbiamo ascoltato tante parole in questo saluto inaspettato, segnato dall’evidente ingiustizia che strappa un uomo nel pieno del suo vigore e attività. Oggi ci troviamo con commozione in questo luogo antico, straordinariamente bello, davanti all’orizzonte della vita, al suo limite, dove il cielo e la terra si toccano. E questo punto è sempre l’amore. La Parola di Dio raccoglie tutte le nostre parole, in fondo tutte limitate: non le cancella, anzi, le fa sue ma le illumina, le spiega anche a noi stessi, riempiendole di senso e di eternità perché la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto di Dio, l’alfa e l’omega, sono lettere di amore.

Gesù ascolta le nostre parole, le fa sue anche oggi, come ascoltò quelle di due discepoli nella prima domenica, feriti e tristi per un amico che non c’è più, per le speranze che sembravano svanire. Oggi proprio come su quella povera mensa di Emmaus così su questo altare riconosciamo Gesù, amico degli uomini, nello spezzare del pane, Lui che diviene nutrimento di solo amore, panis angelicus, pane di vita eterna. E di amore ne abbiamo bisogno tanto, in realtà sempre e in realtà tutti. Facciamo fatica a comprendere la fine, con la sua inaccettabile definitività. John Donne scrisse che “Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io faccio parte dell’umanità”, perché “nessun uomo è intero in se stesso”. Ce lo ricordassimo sempre, per tutti, specie per quelli di cui nessuno si ricorda da vivi. E ci ricordassimo sempre il contrario che se uno salva un uomo – un uomo – salva il mondo intero.

Ci stringiamo ad Alessandra, che con David ha camminato mano nella mano dai banchi di scuola, Livia e Giulio, ai suoi fratelli e sorelle e ai tanti che lo consideravano “uno di noi”, quasi istintivamente, per quell’aria priva di supponenza, di alterità, empatica, insomma un po’ per tutti un compagno di classe! David ci aiuta a guardare il cielo – a volte così grande da spaventare, che mette le vertigini – lui che lo ha cercato sempre, da cristiano in ricerca eppure convinto, che ha respirato la fede e l’impegno cattolico democratico e civile a casa, con i tanti amici del papà e poi suoi, credenti impetuosi e appassionati come Giorgio La Pira o Mazzolari, come Davide Maria Turoldo, del quale porta il nome.

Credente sereno ma senza evitare i dubbi e gli interrogativi difficili, fiducioso nell’amore di Dio, radice del suo impegno, condiviso sempre con qualcuno, come deve essere, perché il cristiano come ogni uomo non è un’isola, ma ha sempre una comunità con cui vivere il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri: gli scout, il gruppo della Rosa Bianca con Paolo Giuntella (Sophie e Hans Scholl, i leader della Weiss Rose erano per lui le stelle del mattino dell’Europa, uccisi dai nazisti per la loro libertà, tanto che quando fu eletto presidente onorò come un debito verso di loro ponendo un’enorme rosa bianca su sfondo europeo nel parlamento perché  “la nostra storia è scritta nel loro desiderio di libertà”). Con tanti ha condiviso il suo I Care, – penso ad esempio alla Chiesa di Roma del febbraio 74 e di don Luigi Di Liegro – sempre unendo fede personale e impegno nella storia, iniziando dagli ultimi, dalle vittime che “hanno gli occhi tutti uguali”, pieno di rispetto e di garbo come suo carattere. C’è chi dice che il cristiano è un signore proprio perché cristiano, anche se nulla tenente, perché ha un tesoro di amore che lo rende tale. Un povero che rende ricchi gli altri.

Il Vangelo ci parla di Beatitudine. Attenzione, non è diversa dalla felicità umana, anzi è proprio felicità piena, proprio quella che tutti cerchiamo. La beatitudine del Vangelo non è una sofferta ricompensa ultima per qualche sacrificio, ma libertà dalle infinite caricature pornografiche di felicità del benessere individuale a qualsiasi prezzo. Non c’è gioia da soli! La gioia del Vangelo unisce, non divide dagli altri e noi cerchiamo non una gioia d’accatto, ma vera e duratura.

Debbo dire che vedendo quanto amore si è stretto in questi giorni intorno a David e alla sua famiglia capisco con maggiore chiarezza che la gioia viene da quello che si dona agli altri e che poi, solo dopo averla donata, si riceve, sempre, perché la gioia è nell’essere e non nell’avere, nel pensarsi per e non nel cercare il proprio interesse. Felici sono i poveri in spirito, chi non sa tutto da solo, chi anzi sa che non è ricco e non fa finta di esserlo tanto da non chiedere scusa o aiuto, chi impara e cerca. Beati sono gli afflitti: non chi cerca la sofferenza, ma chi non scappa dalle difficoltà, le affronta per amore e per amore piange per l’amato. Beati sono i miti, chi non cerca nell’altro la pagliuzza ma il dono che è, chi non risponde al male con il male, chi in modo amabile cerca di fare agli altri quello che vuole sia fatto a lui.

Di David credo che tutti portiamo nel cuore il suo sorriso, che è il primo modo per accogliere e rispettare l’altro, senza compiacimento, semplicemente. Qualcuno ha detto che non ha mai visto nessuno arrabbiato con David!  Beati sono quelli che hanno fame e sete della giustizia, che non possono stare bene se qualcuno accanto a lui soffre, che non cambiano canale o fanno finta di non vedere o che non li riguarda se c’è una persona in pericolo in mezzo al mare o al freddo sull’uscio di casa. Hanno fame della giustizia perché non si abituano all’ingiustizia e ricordano che la giustizia di Dio è avere cura dei fratelli più piccoli di Gesù e che la sofferenza dell’altro è la mia. Beati sono i misericordiosi, chi giudica ma sempre per amore, chi cerca il bene nascosto, che pensa che c’è sempre speranza, chi sceglie di consolare piuttosto che fare soffrire. Beati sono i puri di cuore, quelli che vedono senza malizia, non perché ingenui ma perché vedono bene, in profondità, liberi dai calcoli, dalle convenienze, disinteressati perché hanno un interesse più grande, quelli che non hanno pregiudizi quando si affronta una discussione, che non hanno paura di capire la posizione dell’altro, anche se distante da lui, che non gridano ma ascoltano sapendo che sempre c’è qualcosa imparare. Beati sono gli operatori di pace, gli artigiani, cioè che non rinunciano a “fare la pace” iniziando dai piccoli e possibili gesti di cura, sporcando le mani con la vita, con le contraddizioni del prossimo, con la fatica a stringere quella del nemico che se lo fai si trasformerà in fratello. Beati sono i perseguitati per causa della giustizia, non quella che divide con freddezza la torta in parte uguali anche se chi deve mangiarla non è uguale, come rigorosamente svelava un giusto come don Milani perché per amare tutti si inizia dai tanti, (quanti!) Gianni che non hanno possibilità.

Dio proclamando le beatitudini sembra proprio dirci che ognuno ha diritto alla felicità e che lui questo vuole e che questa non finisca. Domandiamoci cosa dobbiamo dare agli altri perché essi siano felici, perché la mia è la loro. È proprio vero, come qualcuno ha detto con saggezza, che dobbiamo vedere la vita sempre con gli occhi degli altri. Per questo ringraziamo il Signore per David. È stato beato anche nell’afflizione, durante la sua malattia che ha accolto con dignità, senza farla pesare, spendendosi fino alla fine, invitando tutti a guardare lontano, vivendo con la forza dei suoi ideali e dell’amore che tanto lo ha circondato e accompagnato. Per un credente la beatitudine è obbedire alla propria coscienza e purificare le intenzioni da cui dipendono le altre scelte.

Ecco, la beatitudine piena che oggi David vive e con la sua vita ci ricorda e ci consegna. David era un uomo di parte, ma di tutti, perché la sua parte era quella della persona. Per questo per lui la politica era, doveva essere per il bene comune e la democrazia sempre inclusiva, umanitaria e umanista. Ecco perché voleva l’Europa unita e con i valori fondativi, che ha servito perché le sue istituzioni funzionassero, che ha amato perché figlio della generazione che aveva visto la guerra e gli orrori del genocidio e della violenza pagana nazista e fascista, dei tanti nazionalismi, figlio della resistenza e dei suoi valori, quelli su cui è fondata la nostra Repubblica e che ha ispirato i nostri padri fondatori. È da quella immane sofferenza – quella per cui volle che la Presidente andasse a Fossoli, uno dei tanti luoghi di sofferenza della barbaria della guerra – che nasceva il suo impegno. Non ideologie, ma ideali; non calcoli, ma una visione perché anche l’Europa non può vivere per sé stessa, perché il cristianesimo non è un’idea, ma una persona, Gesù, che passa attraverso le persone e nella storia.

Faccio mie le parole del suo ultimo saluto per Natale scorso, già molto malato, oggi che nasce lui alla vita del cielo. “In questo anno abbiamo ascoltato il silenzio del pianeta e abbiamo avuto paura ma abbiamo reagito e abbiamo costruito una nuova solidarietà perché nessuno è al sicuro da solo. Abbiamo visto nuovi muri, i nostri confini in alcuni casi sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità. Muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà. Abbiamo finalmente realizzato dopo anni di crudele rigorismo che la disuguaglianza non è più né tollerabile né accettabile, che vivere nella precarietà non è umano, che la povertà è una realtà che non va nascosta ma che deve essere combattuta e sconfitta.  Il dovere delle istituzioni europee: proteggere i più deboli e non di chiedere altri sacrifici aggiungendo dolore al dolore. Buon Natale..il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo contro tutte le ingiustizie. Auguri a noi, auguri alla nostra speranza”. Grazie, uomo di speranza per tutti.

David Maria Turoldo scrisse una poesia che David conosceva a memoria: “Dio della vita, sei tu che nasci, che continui a nascere in ogni vita. Voce per chi muore ora: perché non muore, non muore nessuno: niente e nessuno: niente e nessuno muore perché Tu sei. Tu sei e tutto vive, è il Tutto in te che vive: anche la morte!”.

Gesù ti abbracci nella sua grande misericordia. Buona strada. Riposa in pace e il tuo sorriso ci ricordi sempre a cercare la felicità e a costruire la speranza, Fratelli Tutti.

Una condivisione con il Serra

Ringraziamo don Carlo Rampone, Parroco a Villanova d’Asti, già rettore del Seminario interdiocesano Santa Maria del Cenacolo a Betania di Valmadonna (Alessandria), che ci ha offerto una sua testimonianza ed un messaggio di saluto al Serra e ai Serrani, cui si sente profondamente legato.

Di seguito il link al video.

 

Maria Lo Presti