Notte di Natale a Greccio
In cammino sulle orme di Cristo
«Seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo» (FF, 4). Così scrive san Francesco d’Assisi all’inizio della Regola non bollata come segno distintivo che caratterizza la vita fraterna insieme all’obbedienza, castità e povertà.
Nel percorso esistenziale di Francesco sulle orme di Cristo la Valle Santa reatina gioca un ruolo importante. Quattro sono i luoghi che segnano la Valle a forma di croce. Essi custodiscono e trasmettono la memoria del passaggio del Padre Serafico. Tra questi vi è il santuario di Greccio, il cui nome è legato indissolubilmente a ciò che è avvenuto nella notte di Natale del 1223.
Introducendo il racconto, Tommaso da Celano si sofferma su un particolare dell’esperienza di Francesco sulle orme di Gesù. Il biografo sottolinea che il Poverello d’Assisi «meditava continuamente le sue parole e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente voleva pensare ad altro» (FF, 467).
Francesco ha un grande desiderio: fare memoria del Bambino nato a Betlemme e «intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» (FF, 468).
Egli vuole rendere visibili le condizioni di assoluta e gioiosa povertà in cui è venuto al mondo il Salvatore. Per questo motivo chiede a Giovanni Velita, nobiluomo di Greccio e suo amico fraterno, di ricreare, secondo precise disposizioni, la scena evangelica della natività, prendendo spunto sia dai racconti dei Vangeli di Matteo e Luca, sia dalle tradizioni popolari.
Così Francesco non celebra il Natale in un luogo di culto: la celebrazione della Messa si svolge a cielo aperto e al posto dell’altare c’è la mangiatoia con il fieno e a fianco il bue e l’asino. Egli assiste il sacerdote e, come diacono, canta il Vangelo e tiene l’omelia. Terminata la Messa, ciascuno torna a casa sua pieno di gioia. Il biografo ricorda la finalità di questa liturgia particolare: «il fanciullo Gesù fu risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa» (FF, 470).
Nel 1228, anno della canonizzazione di san Francesco, viene edificata la Cappella del Presepio, nucleo originario del santuario. «Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra la mangiatoia è stato costruito un altare ed è stata dedicata una chiesa in onore del beatissimo padre Francesco, affinché là dove un tempo gli animali mangiavano il fieno, ora gli uomini possano mangiare, per la salute dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con infinito e ineffabile amore ha donato se stesso per noi» (FF, 471). Sulla parete retrostante un affresco di scuola giottesca del XIV secolo rappresenta in due scene il Natale di Betlemme, con la Vergine Maria che allatta Gesù Bambino, e il Natale di Greccio, con Francesco, vestito con la dalmatica da diacono, che adora il Bambino. Nella lunetta è raffigurata santa Maria Maddalena, patrona degli eremiti.
Attraverso un corridoio, si accede al primitivo convento composto da tre ambienti: il refettorio dei frati, il dormitorio e la cella del santo, un angolo che conserva la roccia su cui Francesco riposava. «Il santo si fermava volentieri nell’eremo di Greccio, sia perché lo vedeva ricco di povertà, sia perché da una celletta appartata, costruita sulla roccia prominente, poteva dedicarsi più liberamente alla contemplazione delle cose celesti» (FF, 621).
Salendo al piano superiore si trova il dormitorio ligneo che risale al tempo di san Bonaventura. È un ambiente suggestivo con soffitto a capriate in cui sono state ricavate le celle dei frati. Accanto al dormitorio si trova la chiesa, edificata anch’essa nel 1228. Un tramezzo ligneo separa una parte di essa dal primitivo coro dei frati. La nuova chiesa invece è stata costruita nel 1959.
In quella notte di Natale, Greccio è diventata come una nuova Betlemme, perché Francesco si è fatto bambino con il Bambino, camminando sulle orme di Cristo.
Il santuario custodisce e trasmette questa memoria perché ciascuno possa fare altrettanto.
Vito Isacchi
Specialista in Beni storico-artistici, dottorando Istituto Universitario Sophia e amico del Serra.