Abbiamo bisogno di vocazioni autentiche

di Maria Lo Presti

Dal 18 al 21 settembre 2023 si è svolto a Palermo l’incontro nazionale dei direttori dei centri diocesani vocazioni e degli animatori vocazionali degli istituti di vita consacrata. La scelta di Palermo e il titolo del convegno rimandano alla figura di p. Puglisi di cui si celebra il trentennale del martirio. Infatti, il 15 settembre 1993 p. Puglisi fu ucciso, nel giorno del suo compleanno, mentre rientrava a casa. Durante tutto il convegno è stata posta in evidenza una preziosa reliquia del Beato Giuseppe Puglisi: il vangelo che per venti anni è stato nella sua bara, accostato al suo corpo, e ripreso nel momento della ricognizione sul corpo.

P. Puglisi è stato direttore diocesano e regionale del Centro pastorale vocazioni, nonché padre spirituale del seminario arcivescovile di Palermo. Il titolo dato al convegno riprende una sua frase tratta da un intervento al convegno regionale svoltosi ad Acireale nel 1988 Presbiteri, religiosi e laici nella parrocchia per una pastorale vocazionale unitaria.

Il convegno, sapientemente guidato da d. Michele Gianola, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni, e aperto da S.E.R. Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo, e da S.E.R. Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania e delegato per le vocazioni della Regione Sicilia, mentre ha voluto approfondire i temi della vocazione, del discernimento e dell’accompagnamento spirituale, ha intrecciato le relazioni al ricordo della figura di p. Puglisi che rimane esemplare e da cui si traggono spunti che si fanno insegnamento. P. Puglisi ha accompagnato una moltitudine di giovani, e guardando alla molteplicità delle vocazioni.

Sempre nello stesso discorso fatto ad Acireale p. Puglisi ricordava che abbiamo bisogno di tutte le vocazioni, perché la comunità umana e la comunità ecclesiale crescano. Il convegno è stato curato in collaborazione con d. Ugo Rapicavoli, Direttore dell’Ufficio Regionale per la pastorale delle vocazioni della Regione Sicilia, e con d. Maurizio Francoforte, Direttore dell’Ufficio Diocesano per la pastorale della Arcidiocesi di Palermo e parroco di San Gaetano a Brancaccio, validamente affiancato dall’équipe del suo Ufficio.

Le relazioni hanno guardato al contesto in cui oggi si vive la vocazione, con tutte le difficoltà date dal cambiamento sociale e dalla problematica della maturazione personale. Si è guardato, quindi, alle scienze umane, sapendo che ogni persona è chiamata a fare un cammino, un percorso che è in continuo divenire. Si è trattato del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale: con delicatezza e con discrezione ci si pone accanto, ma un passo indietro rispetto alla persona che sta maturando le sue scelte. Sono state presentate delle esperienze particolari e già sperimentate rivolte ai giovani: spunti per riflettere e attivare la creatività. Tutti i relatori sono stati apprezzati ed è stata favorita una partecipazione attiva, attraverso la distribuzione di schede e il lavoro in piccoli gruppi.

Il ricordo di p. Puglisi è stato curato attraverso relazioni e testimonianze, di cui alcune in video ben curati. Si è attuato anche un pellegrinaggio ai luoghi, a Palermo e Monreale, legati a p. Puglisi. Grandi sono stati i momenti di emozione, quale quello legato all’ascolto del monologo scritto, diretto e interpretato da Christian Di Domenico, di sera in piazza a Monreale. Intenso è stato anche il momento di preghiera serale con i giovani di Palermo in Cattedrale, presso la tomba di p. Puglisi. A Palermo e Monreale le celebrazioni sono state presiedute dai rispettivi arcivescovi, mons. Corrado Lorefice e mons. Gualtiero Isacchi. Si è vissuto in un clima di condivisione e fraternità.

Il Serra Italia è stato presente sia attraverso Maria Lo Presti, Vicepresidente Nazionale Programmi e in rappresentanza del Presidente Giuliano Faralli impossibilitato ad esservi, sia per la partecipazione di Roberto e Rosellina Tristano, soci del club di Palermo.

 

Le immagini sono tratte dal seguente link

https://www.facebook.com/udvpalermo

 

«Creare casa» (Christus vivit, 217)

Nuova Scheda Tematica 2024 in vista della 61ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 21 aprile 2024

 

La tematica che l’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni propone in vista della 61a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che si celebrerà la quarta domenica di Pasqua, il 21 aprile 2024 intende cogliere l’invito di Papa Francesco a creare ambienti adeguati nei quali sperimentare il miracolo di una nuova nascita: «in tutte le nostre istituzioni dobbiamo sviluppare e potenziare molto di più la nostra capacità di accoglienza cordiale […], le comunità come la parrocchia e la scuola dovrebbero offrire percorsi di amore gratuito e promozione, di affermazione e di crescita […]. Quanto sradicamento! Se i giovani sono cresciuti in un mondo di ceneri, non è facile per loro sostenere il fuoco di grandi desideri e progetti. Se sono cresciuti in un deserto vuoto di significato, come potranno aver voglia di sacrificarsi per seminare? L’esperienza di discontinuità, di sradicamento e la caduta delle certezze di base, favorita dall’odierna cultura mediatica, provocano quella sensazione di orfanezza alla quale dobbiamo rispondere creando spazi fraterni e attraenti dove si viva con un senso. Fare ‘casa’ […] è imparare a sentirsi uniti agli altri al di là di vincoli utilitaristici e funzionali, uniti in modo da sentire la vita un po’ più umana. Creare casa è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi. È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere […]. Così si attua il miracolo di sperimentare che qui si nasce di nuovo […] perché sentiamo efficace la carezza di Dio che ci rende possibile sognare il mondo più umano e, perciò, più divino» (Cf. Francesco, Christus vivit, 216-217).

L’invito conduce alle radici della fede e riporta agli inizi della Chiesa nella quale da subito i primi credenti si sono adoperati per creare spazi di condivisione della vita nei quali poter sperimentare «la gioia di una casa comune: una domus ecclesiae. Prima che di un edificio – già insegnava il card. Carlo Maria Martini all’inizio del Millennio – ci sia un contesto, un luogo permanente di incontro […] in cui si respiri uno stile di fraternità, di lavoro e di preghiera. Tutte le nostre comunità siano attente alle esigenze giovanili di vita comune, sapendo che i giovani, oggi più che mai, hanno bisogno di formazione intelligente e affettiva per appassionarsi al Signore, alla comunità cristiana e ai fermenti evangelici disseminati tra i loro coetanei nel mondo. La Parola di Dio ha bisogno di un terreno buono e l’Eucarestia ha bisogno di una casa» (C.M. Martini, Attraversava la città. Risposta al Sinodo dei Giovani, 23 marzo 2002).

Il Cammino Sinodale delle Chiese d’Italia delle Chiese d’Italia ci sta aiutando a riscoprire la gioia e la fatica del camminare insieme, il lavoro fattivo e concreto del costruire cantieri capaci di immaginare gli elementi fecondi già presenti nell’oggi e che dischiudono il futuro; invita, sull’icona dei discepoli di Emmaus, a riconoscere il passante che si fa prossimo nel cammino e ospitarlo in casa perché là si manifesti nel suo volto del Signore Risorto (cf. Lc 24,29).

Anche la vocazione ha bisogno di un terreno buono perché possa attecchire e di una casa nella quale fare Eucarestia, ringraziamento e benedizione per la Parola ricevuta e il dono di quella fraternità che è offerta della propria vita perché insieme agli altri diventi feconda nella carità, a servizio di tutti. Come la vita, ha bisogno di trovare uno spazio accogliente per nascere, crescere e maturare. Il desiderio di appartenere ad una persona o ad una comunità nasce da una frequentazione feriale e una conoscenza graduale di quella casa alla quale si sogna di appartenere per essere fecondi. Creare casa è un invito rivolto alle Chiese, alle comunità, alle parrocchie, ai presbitéri, alle famiglie, ai monasteri perché siano sempre più spazi capaci di quell’accoglienza cordiale e libera che fa crescere la vocazione sia di chi li abita che di chi li visita, diviene terreno fecondo di nuove vocazioni.

«Chi ha sete, venga!» (Ap 22,20)

L’immagine preparata è un’icona del Cristo che viene; anch’essa porta direttamente alla radice della vocazione cristiana e alla sorgente di ogni chiamata perché la vocazione è incontrare e riconoscere il Signore Risorto che abita i passi della propria storia. Tutta la Scrittura termina con un grido che racchiude una promessa: «Lo Spirito e la Sposa dicono: ‘Vieni!’. E chi ascolta, ripeta: ‘Vieni!’. Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22,17). Se il nostro sguardo potesse attraversare il cielo, se potesse guardare attraverso la storia e i fatti della vita altro non vedrebbe che il Cristo che viene perché raggiungerci – venire verso di noi – è l’unica cosa che anch’egli ardentemente desidera; stare in nostra compagnia, fare casa con noi: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

Intrattenersi con il Signore Risorto, parlare con lui come con un amico (cf. Concilio Vaticano II, Dei verbum, 3) è l’origine della vocazione che si può riconoscere nella Parola – sovente anche un solo versetto di tutta la Scrittura – che è il grembo della fede (cf. Rm 10,17) e il Principio di ogni cosa (cf. Gv 1,3). Qui è simboleggiata dalla raffigurazione dei quattro evangelisti che occupano gli angoli della tavola: Matteo (l’angelo), Giovanni (l’aquila), Marco (il leone) e Luca (il bue).

La fede e la vocazione – così come la vita e la realtà – hanno a che fare con un invisibile (cf. Eb 11,27) che contiene una promessa, quella della vita eterna (cf. 1Gv 2,25) che è la vita vera, la vita come dovrebbe essere, la vita che è semplicemente vita, semplicemente felicità (cf. Benedetto XVI, Spe salvi, 11). Il cerchio esterno con i cherubini e i serafini che fanno capolino dai lati del quadrato più interno simboleggia il mondo celeste e ricorda che tutta l’avventura della vita si svolge sotto il cielo ormai aperto (cf. At 7,56) dalla Pasqua di Cristo (cf. Gv 1,51). Cerchio e quadrato ricordano il movimento – immaginando di far ruotare il quadrato attorno al suo centro – iniziato nel Battesimo. Immersa nell’acqua del fonte la vita di terra (cf. 1Cor 15,47) ha cominciato a camminare verso la perfezione della carità che potrà essere ricevuta in dono solo nella Gerusalemme celeste ma che già può essere gustata in questo tempo, nella consapevolezza che solo l’amore vale la pena e la bellezza del vivere, l’unica cosa che rimane per sempre.

Intuire la propria vocazione è discernere il calore del divino – ha il volto di Cristo e il sapore dei suoi gesti – che traspare da ciò che è umano come il rosso delle vesti del Signore emerge dal blu che simboleggia la storia, è condividerne la Passione e spendere la vita nel suo amore: il volto di una persona che si accende di una luce particolare nella quale ci si riconosce chiamati come sposi, il mistero di una Chiesa che si desidera servire come ministri ordinati, una famiglia religiosa che chiama ad una appartenenza e ad una consacrazione particolare, una storia di relazioni quotidiane per il quale adoperarsi semplicemente con il lavoro delle proprie mani.

L’icona è stata realizzata anche in una copia stampata su legno così che possa diventare pellegrina nelle diocesi in occasione che volta per volta organizzeranno l’animazione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

 

Dal https://vocazioni.chiesacattolica.it/creare-casa-chv-217/

Nella splendida Venezia il nuovo incontro del Consiglio Nazionale del Serra Italia

E’ stata annunciata ufficialmente, dal Presidente Faralli, la data del prossimo CNIS, che si svolgerà nella splendida Venezia (Mestre) dal 3 al 5 novembre 2023.

Nell’occasione si festeggeranno i quarant’anni di storia del Club di Venezia.

In tempi brevissimi verrà resa nota e pubblicata la  brochure del Programma generale dell’incontro e  l’ordine del giorno del CNIS.

 

 

 

 

 

 

 

“Abbiamo bisogno di vocazioni autentiche”

Palermo, 18-21 settembre 2023

 

 

Ogni due anni l’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni organizza l’incontro nazionale per i direttori degli uffici diocesani e regionali vocazioni. Si tratta di una bella occasione non solo per ritrovarsi e tessere una rete di scambio tra le attività degli uffici ma anche per approfondire la propria formazione a servizio della pastorale vocazionale.

L’ultima edizione si tenne ad Assisi nel 2018 e nel 2020 fu sospesa a causa della pandemia. Ora cogliamo una splendida occasione per riprendere il cammino nell’anniversario del martirio di don Giuseppe Puglisi che fu direttore del Centro Diocesano Vocazioni di Palermo dagli anni ’80 fino al giorno della sua morte avvenuta il 15 settembre 1993.
Non sarà un convegno ‘su’ don Pino Puglisi ma ‘con’ lui, intendendo affidare anche alla sua intercessione l’opera di animazione vocazionale delle diocesi e degli Istituti di Vita Consacrata delle nostre Chiese d’Italia perché risponda sempre più alle esigenze del nostro tempo.

L’incontro di quest’anno ‘Abbiamo bisogno di vocazioni autentiche‘ si svolgerà presso:
Hotel Torre Normanna Altavilla Milicia (PA) dal 18 al 21 settembre 2023.


La partecipazione è riservata ai direttori degli Uffici diocesani e regionali vocazioni e agli animatori vocazionali degli Istituti di Vita Consacrata.

Per la partecipazione, iscriviti qui!

 

Fotografia dal sito ilSicilia.it

 

18ª Giornata per la Custodia del Creato. Il Messaggio di Papa Francesco

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che si celebra oggi 1° settembre 2023:

Messaggio del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle!

“Che scorrano la giustizia e la pace” è quest’anno il tema del Tempo ecumenico del Creato, ispirato dalle parole del profeta Amos: «Come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (5,24).

Questa espressiva immagine di Amos ci dice quello che Dio desidera. Dio vuole che regni la giustizia, che è essenziale per la nostra vita di figli a immagine di Dio come l’acqua lo è per la nostra sopravvivenza fisica. Questa giustizia deve emergere laddove è necessaria, non nascondersi troppo in profondità o svanire come acqua che evapora, prima di poterci sostenere. Dio vuole che ciascuno cerchi di essere giusto in ogni situazione, che si sforzi sempre di vivere secondo le sue leggi e di rendere quindi possibile alla vita di fiorire in pienezza. Quando cerchiamo prima di tutto il regno di Dio (cfr Mt 6,33), mantenendo una giusta relazione con Dio, l’umanità e la natura, allora la giustizia e la pace possono scorrere, come una corrente inesauribile di acqua pura, nutrendo l’umanità e tutte le creature.

Nel luglio 2022, in una bella giornata estiva, ho meditato su questi argomenti durante il mio pellegrinaggio sulle sponde del Lago Sant’Anna, nella provincia di Alberta, in Canada. Quel lago è stato ed è un luogo di pellegrinaggio per molte generazioni di indigeni. Come ho detto in quell’occasione, accompagnato dal suono dei tamburi: «Quanti cuori sono giunti qui desiderosi e ansimanti, gravati dai pesi della vita, e presso queste acque hanno trovato la consolazione e la forza per andare avanti! Anche qui, immersi nel creato, c’è un altro battito che possiamo ascoltare, quello materno della terra. E così come il battito dei bimbi, fin dal grembo, è in armonia con quello delle madri, così per crescere da esseri umani abbiamo bisogno di cadenzare i ritmi della vita a quelli della creazione che ci dà vita».[1]

In questo Tempo del Creato, soffermiamoci su questi battiti del cuore: il nostro, quello delle nostre madri e delle nostre nonne, il battito del cuore creato e del cuore di Dio. Oggi essi non sono in armonia, non battono insieme nella giustizia e nella pace. A troppi viene impedito di abbeverarsi a questo fiume possente. Ascoltiamo pertanto l’appello a stare a fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica, e a porre fine a questa insensata guerra al creato.

Vediamo gli effetti di questa guerra in tanti fiumi che si stanno prosciugando. «I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», ha affermato una volta Benedetto XVI.[2] Il consumismo rapace, alimentato da cuori egoisti, sta stravolgendo il ciclo dell’acqua del pianeta. L’uso sfrenato di combustibili fossili e l’abbattimento delle foreste stanno creando un innalzamento delle temperature e provocando gravi siccità. Spaventose carenze idriche affliggono sempre più le nostre abitazioni, dalle piccole comunità rurali alle grandi metropoli. Inoltre, industrie predatorie stanno esaurendo e inquinando le nostre fonti di acqua potabile con pratiche estreme come la fratturazione idraulica per l’estrazione di petrolio e gas, i progetti di mega-estrazione incontrollata e l’allevamento intensivo di animali. “Sorella acqua”, come la chiama San Francesco, viene saccheggiata e trasformata in «merce soggetta alle leggi del mercato» (Enc. Laudato si’, 30).

Il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (IPCC) afferma che un’azione urgente per il clima può garantirci di non perdere l’occasione di creare un mondo più sostenibile e giusto. Possiamo, dobbiamo evitare che si verifichino le conseguenze peggiori. «È molto quello che si può fare!» (ibid., 180), se, come tanti ruscelli e torrenti, alla fine insieme confluiamo in un fiume potente per irrigare la vita del nostro meraviglioso pianeta e della nostra famiglia umana per le generazioni a venire. Uniamo le nostre mani e compiamo passi coraggiosi affinché la giustizia e la pace scorrano in tutta la Terra.

Come possiamo contribuire al fiume potente della giustizia e della pace in questo Tempo del Creato? Cosa possiamo fare noi, soprattutto come Chiese cristiane, per risanare la nostra casa comune in modo che torni a pullulare di vita? Dobbiamo decidere di trasformare i nostri cuori, i nostri stili di vita e le politiche pubbliche che governano le nostre società.

Per prima cosa, contribuiamo a questo fiume potente trasformando i nostri cuori. È essenziale se si vuole iniziare qualsiasi altra trasformazione. È la “conversione ecologica” che San Giovanni Paolo II ci ha esortato a compiere: il rinnovamento del nostro rapporto con il creato, affinché non lo consideriamo più come oggetto da sfruttare, ma al contrario lo custodiamo come dono sacro del Creatore. Rendiamoci conto, poi, che un approccio d’insieme richiede di praticare il rispetto ecologico su quattro vie: verso Dio, verso i nostri simili di oggi e di domani, verso tutta la natura e verso noi stessi.

Quanto alla prima di queste dimensioni, Benedetto XVI ha individuato un’urgente necessità di comprendere che Creazione e Redenzione sono inseparabili: «Il Redentore è il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di Redentore – togliamo valore anche alla Redenzione».[3] La creazione si riferisce al misterioso e magnifico atto di Dio di creare questo maestoso e bellissimo pianeta e questo universo dal nulla, e anche al risultato di quell’azione, tuttora in corso, che sperimentiamo come un dono inesauribile. Durante la liturgia e la preghiera personale nella «grande cattedrale del creato»,[4] ricordiamo il Grande Artista che crea tanta bellezza e riflettiamo sul mistero della scelta amorosa di creare il cosmo.

In secondo luogo, contribuiamo al flusso di questo potente fiume trasformando i nostri stili di vita. Partendo dalla grata ammirazione del Creatore e del creato, pentiamoci dei nostri “peccati ecologici”, come avverte il mio fratello, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo. Questi peccati danneggiano il mondo naturale e anche i nostri fratelli e le nostre sorelle. Con l’aiuto della grazia di Dio, adottiamo stili di vita con meno sprechi e meno consumi inutili, soprattutto laddove i processi di produzione sono tossici e insostenibili. Cerchiamo di essere il più possibile attenti alle nostre abitudini e scelte economiche, così che tutti possano stare meglio: i nostri simili, ovunque si trovino, e anche i figli dei nostri figli. Collaboriamo alla continua creazione di Dio attraverso scelte positive: facendo un uso il più moderato possibile delle risorse, praticando una gioiosa sobrietà, smaltendo e riciclando i rifiuti e ricorrendo ai prodotti e ai servizi sempre più disponibili che sono ecologicamente e socialmente responsabili.

Infine, affinché il potente fiume continui a scorrere, dobbiamo trasformare le politiche pubbliche che governano le nostre società e modellano la vita dei giovani di oggi e di domani. Politiche economiche che favoriscono per pochi ricchezze scandalose e per molti condizioni di degrado decretano la fine della pace e della giustizia. È ovvio che le Nazioni più ricche hanno accumulato un “debito ecologico” (Laudato si’, 51).[5] I leader mondiali presenti al vertice COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre di quest’anno, devono ascoltare la scienza e iniziare una transizione rapida ed equa per porre fine all’era dei combustibili fossili. Secondo gli impegni dell’Accordo di Parigi per frenare il rischio del riscaldamento globale, è un controsenso consentire la continua esplorazione ed espansione delle infrastrutture per i combustibili fossili. Alziamo la voce per fermare questa ingiustizia verso i poveri e verso i nostri figli, che subiranno gli impatti peggiori del cambiamento climatico. Faccio appello a tutte le persone di buona volontà affinché agiscano in base a questi orientamenti sulla società e sulla natura.

Un’altra prospettiva parallela è specifica dell’impegno della Chiesa cattolica per la sinodalità. Quest’anno, la chiusura del Tempo del Creato, il 4 ottobre, festa di San Francesco, coinciderà con l’apertura del Sinodo sulla Sinodalità. Come i fiumi che sono alimentati da mille minuscoli ruscelli e torrenti più grandi, il processo sinodale iniziato nell’ottobre 2021 invita tutte le componenti, a livello personale e comunitario, a convergere in un fiume maestoso di riflessione e rinnovamento. Tutto il Popolo di Dio viene accolto in un coinvolgente cammino di dialogo e conversione sinodale.

Allo stesso modo, come un bacino fluviale con i suoi tanti affluenti grandi e piccoli, la Chiesa è una comunione di innumerevoli Chiese locali, comunità religiose e associazioni che si alimentano della stessa acqua. Ogni sorgente aggiunge il suo contributo unico e insostituibile, finché tutte confluiscono nel vasto oceano dell’amore misericordioso di Dio. Come un fiume è fonte di vita per l’ambiente che lo circonda, così la nostra Chiesa sinodale dev’essere fonte di vita per la casa comune e per tutti coloro che vi abitano. E come un fiume dà vita a ogni sorta di specie animale e vegetale, così una Chiesa sinodale deve dare vita seminando giustizia e pace in ogni luogo che raggiunge.

Nel luglio 2022 in Canada, ho ricordato il Mare di Galilea dove Gesù ha guarito e consolato tanta gente, e dove ha proclamato “una rivoluzione d’amore”. Ho appreso che il Lago Sant’Anna è anche un luogo di guarigione, consolazione e amore, un luogo che «ci ricorda che la fraternità è vera se unisce i distanti, che il messaggio di unità che il Cielo invia in terra non teme le differenze e ci invita alla comunione, alla comunione delle differenze, per ripartire insieme, perché tutti – tutti! – siamo pellegrini in cammino».[6]

In questo Tempo del Creato, come seguaci di Cristo nel nostro comune cammino sinodale, viviamo, lavoriamo e preghiamo perché la nostra casa comune abbondi nuovamente di vita. Lo Spirito Santo aleggi ancora sulle acque e ci guidi a «rinnovare la faccia della terra» (cfr Sal 104,30).

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 maggio 2023

FRANCESCO

 

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[1] Omelia presso il Lago S. Anna, Canada, 26 luglio 2022.
[2] Omelia in occasione del solenne inizio del ministero petrino, 24 aprile 2005.
[3] Conversazione nella Cattedrale di Bressanone, 6 agosto 2008.
[4] Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, 21 luglio 2022.
[5] «C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi» (Laudato si’, 51).
[6] Omelia presso il Lago S. Anna, Canada, 26 luglio 2022.

Sulle strade di Junipero Serra: il francescano che convertì la California e fu di ispirazione del Serra International

di Cosimo Lasorsa

Oggi si ricorda l’ascesa al cielo di San Junipero Serra. Riproponiamo questo bellissimo articolo a firma del nostro socio.

Il 16 maggio 2006, durante il trasferimento via terra da San Francisco a Los Angeles, attraverso una delle strade più belle e più suggestive degli Stati Uniti lunga 700 chilometri, ho avuto l’opportunità di effettuare una sosta a Monterey. Monterey è stata la prima capitale della California durante il dominio spagnolo e messicano (1770-1822) e, fino alla metà dell’ultimo secolo, è stata famosa per la pesca delle sardine, molto copiosa nella baia, con conseguente sviluppo di stabilimenti per la lavorazione e l’inscatolamento e un fiorente commercio di esportazione in tutto il mondo. Inspiegabilmente, da un giorno all’altro, nel breve spazio di 24 ore, le sardine scomparvero dalle acque di Monterey, creando un crollo economico e la chiusura a catena di tutti gli stabilimenti. Oggi Monterey è una elegante cittadina turistica, con un delizioso porticciolo, dove si possono ammirare simpatiche foche, leoni marini e belle case immerse in giardini fioriti. Monterey è, inoltre, conosciuta come una dei territori in cui maggiormente operò Padre Junipero Serra. Uscendo da Monterey, infatti, si arriva a Carmel, chiamata anche Carmelo di Monterey. Carmel è anch’essa una incantevole cittadina caratterizzata dall’assoluta mancanza di semafori e di segnaletica stradale. Le strade non hanno nome né numeri civici, in quanto è la casa ad avere il proprio nome. E’ tutto scrupolosamente pulito ed ha avuto come sindaco famoso l’attore-regista Clint Eastwood. A Carmel si trova anche la bellissima Missione di San Carlo Borromeo, istituita da Junipero Serra, che ho avuto modo di visitare e dove è stato deposto il suo corpo dopo la morte. Si tratta della seconda delle nove Missioni fondate nella California Superiore da Padre Serra nel periodo che va dal 1769 al 1782. Quando Papa Giovanni Paolo II si recò pellegrino alla Missione di San Carlo Borromeo il 17 settembre 1987 ebbe a dire che questi luoghi, dove riposano i resti mortali di Padre Serra, “sono il cuore storico e spirituale della California e che le Missioni sono il risultato di una conseguente decisione morale presa da uomini di fede nei confronti del futuro di questa terra e delle popolazioni indigene”. Come molti sanno, il vero nome di Junipero Serra era Miguel Iosé Ferrer e non era né californiano né tanto meno americano ma spagnolo, essendo nato il 24 novembre 1713 a Petra di Majorca. Fattosi francescano appena diciottenne, decise di assumere il nome di Junipero (Frate Ginepro) per ricordare uno dei compagni più vicini e più fedeli a San Francesco d’Assisi, dalla cui santità fu sempre affascinato. A 36 anni iniziò la sua opera missionaria recandosi in Messico, che all’epoca era soggetta alla Spagna, approdando prima a San Giovanni di Porto Rico e, quindi, a Veracruz, da dove raggiunse a piedi Città del Messico. Trascorsi cinque mesi partì per la Sierra Gorda giungendo a Japan nel 1750, dove iniziò la sua predicazione agli indios nel loro linguaggio, traducendo le preghiere ordinarie e il catechismo ed educandoli anche nel lavoro. In Sierra Gorda assolse vari incarichi, tra i quali quello di Superiore delle cinque Missioni già costituite. Fu, quindi, inviato in Texas a ricostruire la Missione di San Saba, distrutta poco prima dagli Apaches, ma in seguito l’incarico fu revocato per il forte pericolo che comportava. Dopo un periodo di permanenza presso il Collegio Apostolico di San Ferdinando, come maestro dei novizi e predicatore delle Missioni, iniziò la sua grande avventura missionaria in California, dove giunse il 1 aprile 1768. Si calcola che Padre Serra abbia percorso 9.900 chilometri in terra e 5.400 miglia in navigazione quando, all’età di 56 anni, giunse in California, dove diede inizio alla fondazione di ben nove Missioni tra il 1769 e il 1782. La prima Missione in California fu realizzata a San Diego de Alcalà nel 1769, alla quale seguirono quelle di San Carlo Borromeo nel 1770, di Sant’Antonio di Padova e di San Gabriele Arcangelo nel 1771, di San Luigi Obisbo di Tolosa nel 1772, di San Francesco d’Assisi e di San Capistrano nel 1776, di Santa Clara nel 1777 e, infine, di San Bonaventura nel 1782, per poi ritirarsi definitivamente a Carmelo di Monterey, dove rimase fino alla sua morte. Dopo la morte di Junipero Serra, le Missioni in California si incrementarono ancora a cura dei Francescani fino a raggiungere il numero complessivo di ventuno Missioni. Quando giunse in California Padre Serra era un uomo ormai anziano, asmatico e sofferente di una ferita cronica ai piedi, che si portò avanti negli ultimi quindici anni della sua vita. Continuò, tuttavia, a camminare in tutta la California, a piedi o a dorso di mulo, per estendere la religione cattolica sul territorio e convertire gli indiani al Cristianesimo. Con le sue Missioni fronteggiò burocrati e comandanti militari, combatté gli abusi dei potenti e riuscì ad assicurare un sistema di leggi per proteggere gli indiani della California dalle ingiustizie inflitte dai soldati spagnoli. La Missione di San Bartolomeo, che ho visitato, fu fondata il 3 giugno 1770 nei pressi della spiaggia della baia di Monterey. Era il tempo in cui Don Gaspar de Portola, esploratore e soldato spagnolo che era stato a capo della spedizione della scoperta della baia di San Francisco, reclamava l’Alta California in favore della Spagna. Quella domenica mattina si verificarono due avvenimenti: da una parte Padre Junipero Serra che recitava la Messa sotto le fronde di una grande quercia plurisecolare piantando la Croce cristiana sulla spiaggia, dall’altra i soldati spagnoli che dispiegavano gli stendardi inneggiando alla corona di Spagna. Gli Spagnoli, infatti, accampavano un diritto di proprietà sul territorio di Monterey in quanto, oltre un secolo prima, nel 1602, la spedizione di Sebastian Vizcaino, altro navigatore ed esploratore spagnolo, aveva scoperto la baia di Monterey e, accompagnato dai monaci carmelitani, aveva fatto celebrare una Messa sotto la stessa quercia. I rapporti poco soddisfacenti e il clima di tensione che si era venuto a creare tra Spagnoli e Francescani spinsero Padre Serra a spostare la Missione nella attuale località di Carmel il 24 agosto 1771. La Missione di San Carlo Borromeo è posta in una posizione spettacolare, all’imbocco della Carmel Valley, attraversata dall’omonimo fiume Carmel, ed è circondata dalla catena montuosa di Santa Lucia oltre che dalla scintillante e azzurra Carmel Bay. Lo stesso Junipero Serra chiamò quel luogo “il giardino di Dio”. Considerata la gemma di tutte le Missioni, fu inizialmente costruita con pietre raccolte dalle miniere della vicina catena montuosa e completata, nella sua attuale struttura, nel 1793. La Missione di San Bartolomeo divenne il quartiere generale di Padre Serra, universalmente riconosciuto come Padre-Presidente di tutte le Missioni della California, che non si stancava mai di visitare nonostante le malferme condizioni di salute. La Missione si presenta in tutto il suo splendore al visitatore, con giardini ben curati e la bellissima Chiesa. La cupola, le torri campanarie e gli esterni riflettono chiaramente un influsso moresco. Archi in pietra formano il soffitto a volta. Un’unica finestra a forma di stella, che inizialmente avrebbe dovuto essere quadrata, aiuta a dar forma a questo capolavoro architettonico. Sotto il pavimento del Santuario, alla base dell’altare principale della Chiesa, è stato sepolto nel 1784 il corpo del Beato Serra, mai rimosso. Sepolti vicino a lui ci sono altri francescani, tra i quali il suo successore, Frate Flaminio Lasuen che, proseguendo la sua opera, fondò le successive nove Missioni in California. In un’altra ala della Missione si trova una artistica cappella con al centro un monumentale e altrettanto artistico sarcofago, opera nel 1924 dello scultore Jo Mora, che raffigura la morte di Padre Serra, circondato dai fedelissimi Padre Crespi che prega sul suo capo e i Padri Lasuen e Lopez in ginocchio ai suoi piedi. Si afferma che, quando morì il 28 agosto 1784, all’età di 71 anni, e si sparse la notizia, fu pianto come un padre perchè nessuno, prima di lui, aveva fatto tanto per le popolazioni della California. Considerato come il protettore degli indios fu chiamato “l’Apostolo della California”. Fu onorato come eroe nazionale e dal 1 marzo 1931 la sua statua trova posto nella Sala del Congresso di  Washington, come rappresentante dello Stato della California. Anche la cima più alta della catena montuosa di Santa Lucia in California porta il suo nome. Nel 1960 la Missione di San Carlo Borromeo a Carmel fu elevata a Basilica minore. E’ considerata uno dei più importanti monumenti storici della California se si considerano le migliaia di visitatori che vengono ad ammirarla da tutto il mondo e che partecipano alla sua storia in quanto, attraverso un attento restauro, è stato possibile ritrovare la sua imponente magnificenza originaria. Chiudo questa pagina di ricordi riportando le espressioni che Papa Giovanni Paolo II ebbe a dire nei confronti dei Serrani durante la cerimonia di beatificazione di Padre Junipero Serra il 25 settembre 1988: “In fra Junipero Serra, sacerdote dei frati minori, troviamo il fulgido esempio di unità cristiana e spirito missionario. Il suo grande obiettivo era di portare il Vangelo alle popolazioni autoctone dell’America, affinché anch’esse potessero essere consacrare alla verità. Oggi il suo esempio ispira, in modo particolare, i molti Gruppi Serra in tutto il mondo, i cui membri svolgono un lavoro lodevole nell’animazione vocazionale”.

Fonte: “Il Serrano”, Cosimo Lasorsa,  Past President del Serra Club di Roma.

Il Club di Lucera-Troia alla processione in onore di Santa Maria Patrona

Tra i gruppi di preghiera e le Associazioni locali, il Serra Club di Lucera-Troia è stato chiamato ad accompagnare Santa Maria. patrona della città, in processione.

 

 

 

 

A L’Aquila si rinnova il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua di Celestino V

Il 28 e il 29 agosto di ogni anno a L’Aquila si rinnova il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione a pontefice, concesse a tutti i fedeli di Cristo.

L’apertura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio – il momento più importante della Perdonanza, visto che segna l’inizio dell’indulgenza annuale concessa da Papa Celestino V nel 1294 – viene effettuata il 29 agosto, giorno della sua incoronazione. Da quel momento, sarà possibile ottenere l’indulgenza plenaria “sinceramente pentiti e confessati”, come disposto nella Bolla del Perdono del 1294 di Papa Celestino V.

Il 7 agosto 2023, si è svolta, presso l’Aula Magna dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Fides et Ratio” di L’Aquila, la Conferenza Stampa di presentazione del  secondo Convegno Storico e Pastorale che la Chiesa dell’Aquila, in continuità con quello dello scorso anno programmato nell’imminenza dell’arrivo di Papa Francesco, ha organizzato per la giornata di venerdì 25 agosto p.v., a pochi giorni dallo svolgersi della 729^ Perdonanza Celestiniana, presso la Sala Ipogea del Consiglio regionale d’Abruzzo in Via Michele Iacobucci, 8 a L’Aquila. ‘L’Aquila, capitale del perdono. Misericordia è sapersi  amati nella nostra miseria’ è il titolo del Convegno, dato dalle parole pronunciate da Papa Francesco nel corso dell’omelia del 28 agosto 2022, attorno al quale verteranno i lavori della giornata di studio che si concluderà nella Basilica di Collemaggio con la Liturgia Vesperale, presieduta dal Cardinale Arcivescovo Giuseppe Petrocchi, che avrà inizio alle ore 18,00.

La Seconda parte  avrà come tema la presentazione del volume del Corpus Coelestinianum  – Le Bolle di Celestino V, a cura di Ugo Paoli e della nostra Presidente Nazionale uscente Paola Poli, con una introduzione di S. E. mons. mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Apostolico Vaticano e di Walter Capezzali, Storico e Presidente Emerito della Deputazione abruzzese di Storia Patria.

In allegato: il Comunicato esplicativo, il depliant con il programma dell’evento e la scheda di iscrizione da inviare, debitamente compilata e sottoscritta, entro il 23 agosto p.v., all’indirizzo: scienzereligioseaq@gmail.com

 

 

 

https://perdonanza-celestiniana.it/wp-content/uploads/2023/08/PROGRAMMA_Perdonanza_3_08_2023.pdf

Scheda-iscrizione-Convegno-25.08.2023

Comunicato stampa f 07.08.2023

 

 

Chi sono i ragazzi delle GMG ?

di Maria Luisa Coppola

 

 

 

Seguire la GMG a distanza non è come esserci! Ma la gioia, l’entusiasmo, la contentezza di una marea di giovani provenienti da tutto il mondo che si sono incontrati a Lisbona hanno oltrepassato il video, lo schermo di tutti i mezzi di comunicazione e coinvolto chiunque avesse la curiosità o meglio l’interesse a seguirli nell’incontro con Papa Francesco. Nel solco della geniale intuizione di san Giovanni Paolo II che le ha fortemente volute e di Papa Benedetto che le ha mantenute, Papa Francesco è andato con l’amorevolezza di un Padre che si prende cura dei suoi figli sparsi nel mondo, per ascoltarli e comprenderli, nonostante la sua palese infermità.

Grande papa Francesco, il tuo invito ad essere Chiesa madre che non ha porte, che accoglie tutti, perché Dio ci ama come siamo, con tutte le nostre disobbedienze e modestie, sarà impresso nel cuore : “Todos, todos, todos”!

Chi sono i ragazzi delle GMG ? In gran parte provengono da movimenti ed associazioni, dalle parrocchie, dalle scuole ed università cattoliche, che già hanno sperimentato il vivere insieme in comunione di fede, convocati dai parroci e dai Vescovi. All’invito hanno risposto anche quei “ non più ragazzi” che da sempre seguono le GMG e che non vedevano l’ora di tornarvi dopo la terribile pandemia, con le loro mogli ed anche figli: una cosa bellissima, famiglie nate in seno alle GMG e amori che nascono nelle GMG , per affinità elettive. La testimonianza di fede autentica fa superare tanti inconvenienti ( il caldo, il lungo viaggio, le non facili sistemazioni) perché una felicità grande deve essere conquistata e perseguita, per l’unico Amore gratuito che è quello di Dio, si va oltre e senza lagne.

Hanno bucato lo schermo i volti dei giovani in preghiera, con le lacrime lungo le gote mentre venivano lette le testimonianze della “Via Crucis”, scritte in modo veritiero e calzante al mondo di oggi, con tutte le ipocrisie e le indifferenze degli egoisti attaccati ai pregiudizi, allo zoccolo duro di una tradizione religiosa non pienamente vissuta, abitudinaria e scadente, al mondo in guerra per l’arroganza dei più forti, alle violenze sui più fragili , allo scempio della natura dono di Dio, ai dolori di una vita non più sacra né rispettata. Le lacrime a Lisbona mi hanno commossa, mi sono sentita partecipe di tante preoccupazioni, di tanti fallimenti, da madre ho sentito la responsabilità di condividere con i miei figli adulti la tenerezza di tanti sentimenti e di tante speranze per un futuro nella Chiesa e non solo. Assistere alla preghiera sentita, raccolta di tante anime belle, inginocchiate davanti alla grande Croce, è diventata preghiera condivisa e silenziosa, per rinascere bisogna attraversare il deserto e scalare il Golgota fino alla cima, come la cerva che cercava acqua pura per dissetarsi. La grande organizzazione mondiale, attenta ai bisogni di tutti ed ospitale, che ha coniugato magistralmente gli spazi della preghiera, delle catechesi, della confessione, della devozione mariana a Fatima con i tempi dello spettacolo e del divertimento sano, dei suggerimenti paesistici e culturali è pienamente soddisfatta, a cominciare dai ringraziamenti di Papa Francesco che ha dato appuntamento a Roma nel 2015 per il Giubileo e a Seul in Corea del Sud per la prossima GMG .

Tutta la forza giovanile, l’ardore di questa “ meglio gioventù”, tutte le parole dette e le richieste manifestate, le preghiere per la vita buona del Vangelo costituiscono un manifesto importante di cui tener conto. Se ne facciano carico i Vescovi nel sostenere ed incrementare la pastorale vocazionale , i parroci e gli animatori parrocchiali, gli educatori ed i genitori, i laici impegnati in Diocesi perché tutta la Bellezza e la ricchezza ricevuta a Lisbona non vada persa. “Con i giovani ci devi perdere tempo, ci devi stare, anche per una passeggiata, non occasionalmente, li devi abbracciare. Gli adulti possono deluderti ma i ragazzi mai. E se ciò accadesse, rivedi i tuoi errori. “ Così il mio padre spirituale mi ha insegnato, mi ha inculcato a stampo!

Agli scettici che hanno con sufficienza e molte perplessità commentato la grande GMG di Lisbona 2023, giudicandola un Happening festoso e nulla più, un palcoscenico utile alla Chiesa per altri motivi e non per il bene primario della testimonianza dell’Amore di Cristo forse è sfuggito che in Portogallo si è costituito un monastero trappista per il coraggio e la determinazione di 10 suore provenienti dal monastero di Vitorchiano (VT) che ha partecipato alla gmg presentando la loro realtà monacale, in cui potranno essere accolti i pellegrini e le giovani donne alla ricerca di senso.

“Non ho mai partecipato a una GMG , ma ricordo bene l’esplosione di gioia che ho visto negli occhi dei miei amici quando tornarono da quella celebrata a Madrid nel 2011. Allora ero troppo giovane per partecipare, quest’anno tocca a me e, come nella parabola della perla preziosa nel
campo, è un’occasione privilegiata per rendermi conto di quanto sia prezioso l’amore di Dio per me e per prendere coscienza della vocazione che mi ha raggiunto”. Ana Cecìlia ha 25 anni, 10 mesi fa è entrata come postulante nel monastero trappista di Santa Maria Mãe da Igreja (Madre
della Chiesa) a Palaçoulo, nella provincia di Bragança, nord del Portogallo. È una comunità di recente fondazione, nata nel 2018 con il sostegno del vescovo di Bragança-Miranda, José Cordeiro, e che ha incontrato il favore della gente del posto ancor prima della sua nascita: i parrocchiani infatti donarono 28 ettari di terreno per aiutare una presenza fondata sulla preghiera e sul lavoro nei loro territori.

Il monastero, che dev’essere ancora ultimato, nasce come “gemmazione” di quello di Vitorchiano, in provincia di Viterbo, da dove provengono le 10 fondatrici italiane alle quali si sono aggiunte una postulante, una aspirante e una monaca eremita ospite per un periodo di formazione, tutte portoghesi. La costruzione del monastero dovrebbe terminare entro la fine dell’anno, attualmente le religiose vivono nella foresteria e ai visitatori è destinata un’ala con 15 posti e un refettorio. ( fonte Agensir).

Se si è tanto seminato, i frutti non mancheranno e, mi auguro, siano di sante vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata e, soprattutto, di persone innamorate di Dio padre e Maestro adulti di riferimento per le generazioni a venire. Dall’alto dei miei anni vedo una speranza concreta ed un futuro promettente per la Chiesa e non solo….

 

Foto da RAI NEWS

 

Festa dell’Assunta. Gli Auguri di Giuliano Faralli ai Serrani

Care Amiche e Amici Serrani.
La realtà stupenda dell’Assunzione in Cielo di Maria Santissima manifesta e conferma l’unità della persona umana
e ci ricorda che siamo chiamati a servire e glorificare Dio con tutto il nostro essere, anima e corpo”.
Celebriamo fraternamente insieme questo giorno di festa, la Madre di tutta l’umanità.
L’amore di Maria Vergine, di San Junipero e la loro immensa fede illuminino Sante Vocazioni, oggi e per sempre.
Il Ferragosto porti gioia, regali speranza e ci faccia sentire parte di una sola grande famiglia, figlia della Vergine Madre, Madre delle Vocazioni, oggi Assunta al Cielo.
Auguri!
Giuliano Faralli