Intimamente uniti di Don Michele Gianola
Intimamente uniti
«Come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella lode tutte le altre creature […]. La sua reazione era molto di più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli d’affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella. Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore di risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea» (Francesco, Laudato si’, 11).
Quanto papa Francesco insegna riguardo la contemplazione del creato illumina anche il volto di chi cammina accanto a noi: tutte le persone hanno un’origine comune nella Creazione e nella Redenzione. Non soltanto, infatti, possiamo sentirci uniti gli uni gli altri perché appartenenti alla natura umana e parte della vita del cosmo ma anche scoprire che quello che origina la nostra vita – quello che la fa sorgere costantemente e dal quale riceviamo esistenza, energia e vita (cf. Prefazio VI delle domeniche del Tempo Ordinario) – è la stessa vita di Dio, la nostra eredità (cf. Rm 4,16) la vocazione di figli amati. Nell’intimo di ogni uomo e di ogni donna della storia abita una parola di Dio che attende solamente di sbocciare e di crescere, vita preziosa che ha bisogno di essere riconosciuta e contemplata. Se ci accostiamo alle persone senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia per la loro vocazione, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza, i nostri atteggiamenti saranno quelli dell’invidia, dell’avversità, della paura, della sopraffazione; viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti agli altri, la fraternità, la stima reciproca (cf. Rm 12,10) e la cura, scaturiranno spontaneamente.
da Vocazioni, marzo-aprile 2023