La Fondazione continua la sua missione

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Nel presentarmi al Consiglio Nazionale vorrei invitarvi a riflettere con me sulla natura e sugli scopi della Fondazione italiana di religione e di culto Beato Junipero Serra. Non intendo certo sviluppare una trattazione completa da un punto di vista giuridico e canonico, ma evidenziare alcuni aspetti che possono – così spero – essere utili per una nostra maggior consapevolezza ed efficacia di azione.

La Fondazione Beato Junipero Serra è un ente ecclesiastico, ossia è una persona giuridica, un soggetto giuridico, distinto da tutti gli altri, riconosciuto nel diritto canonico e nel diritto civile e pertanto regolato, oltre che da un proprio statuto, dal Codice di Diritto Canonico e dalla legislazione civile italiana.

Vorrei soffermarmi in particolare sull’aspetto canonico, che, in questa sede, credo sia il più interessante. Il can. 114, nell’ambito delle persone giuridiche, distingue le universitates personarum, ossia un insieme di persone, e le universitates rerum, ossia un insieme di cose: la Fondazione è appunto un insieme di cose, di beni. Le persone giuridiche riconosciute dalla Chiesa in ogni caso sono ordinate “ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa, che trascende il fine dei singoli”. Il paragrafo 2 dello stesso can. 114 ci dice anche che tali fini sono quelli “attinenti ad opere di pietà, di apostolato o di carità sia spirituale sia temporale”. La nostra Fondazione quindi è un insieme di beni indirizzati ad uno scopo, ad un fine nell’ambito della missione salvifica della Chiesa.

Come sapete, la prima finalità concreta è quella di favorire l’istruzione dei giovani che abbiano avvertito la vocazione religiosa attraverso diverse forme, come borse di studio, offerta di supporti didattici, supporto a corsi di aggiornamento. La seconda finalità è quella di sostenere sacerdoti e religiosi che per problemi vari possano incontrare difficoltà nelle loro attività pastorali. Ancora la Fondazione intende contribuire a sensibilizzare i giovani ad accogliere la divina chiamata, e le loro famiglie a favorire la vocazione religiosa dei figli: tutto questo, ad esempio, attraverso concorsi e incontri su temi vocazionali. Infine, ma non per ultimo, lo scopo è quello di favorire iniziative volte a rafforzare il cattolicesimo nel panorama culturale e a far crescere nella società la stima verso i sacerdoti e i religiosi.

Come vedete, sono finalità assolutamente congrue rispetto a quelle del Serra inteso come Associazione, laddove però nella Fondazione lo strumento è quello dell’aiuto economico.

A qualcuno potrebbe sembrare che la realtà della Fondazione sia qualcosa di “arido”, che ha a che fare con problematiche giuridiche e finanziarie, ma poco significative dal punto di vista più propriamente spirituale e religioso. Un tale approccio sarebbe senz’altro fuorviante: sulla considerazione dei mezzi deve prevalere quella dei fini, ossia è vero che il mezzo è quello economico, perché certi problemi hanno bisogno di una soluzione su quel piano, ma la prospettiva deve essere quella del servizio ecclesiale a cui la vita stessa della Fondazione Serra, così come della nostra Associazione, è rivolta. In breve, anche la Fondazione è uno strumento di apostolato, è uno strumento, per meglio dire, per sostenere, aiutare quello che è lo sforzo di tutta la Chiesa, e della nostra Associazione in particolare, di promuovere, coltivare e proteggere quel grande, insostituibile, inestimabile bene, che è la vocazione alla vita sacerdotale e religiosa. Vi prego: quando pensate alla Fondazione, non pensate ad una realtà burocratica, complicata, distante; pensate piuttosto ad una risorsa per meglio conseguire le grandi finalità del Serra e per aiutare l’impegno di tutta la Chiesa al servizio delle vocazioni. So bene che, soprattutto dopo le ultime, dolorose vicende, le possibilità della Fondazione sono ancora piuttosto limitate, ma, come ho avuto modo di dire al Cardinale Arcivescovo di Genova e Presidente della CEI nell’incontro di presentazione della Fondazione, non è importante il “quantum” che si riesce ad erogare: importante è, come un po’ tutto nella Chiesa, il “segno” che si vuole dare, ossia, attraverso le nostre elargizioni, la testimonianza del nostro legame con la Gerarchia, della nostra stima per il sacerdozio, della nostra sensibilità cristiana.

Passiamo quindi ad un’altra considerazione sulla Fondazione: la Fondazione è stata eretta con un Decreto dell’Arcivescovo di Genova nel 1994, è sotto il controllo dell’Arcivescovo di Genova, i membri del Consiglio di Amministrazione, sia pure indicati con modalità diverse, sono tutti nominati formalmente dall’Arcivescovo di Genova. La prima riflessione che riguarda questo aspetto si riferisce allo stretto legame tra la Fondazione e la Gerarchia ecclesiastica: la nostra è una Fondazione ecclesiastica, tanto che gli atti di straordinaria amministrazione richiedono la licenza dell’Arcivescovo o addirittura, per gli atti che eccedono una certa somma, la licenza della Santa Sede, ai sensi dei cann. 1281 e 1292. I beni della Fondazione sono quindi posti sotto il controllo dell’autorità tutoria ecclesiastica e destinati, come si è detto, a scopi ecclesiali. In un certo senso, oserei dire che i beni della Fondazione sono quasi beni “sacri”, nel senso che sono destinati alla sacra causa delle vocazioni e del sacerdozio. Il fatto che, cari amici, l’autorità tutoria sia identificata nell’Arcivescovo di Genova non deve suscitare, lasciatemi dire, gelosie campanilistiche: si spiega semplicemente con il fatto che la Fondazione è stata eretta a Genova, per l’impegno in allora di serrani genovesi come Giovanni Casaleggio e Bruno Baracchi, ma non è certo una realtà solo genovese: l’Arcivescovo di Genova, per così dire, rappresenta, rispetto alla Fondazione, tutta la Gerarchia italiana (in questi anni, tra l’altro, l’Arcivescovo di Genova si trova ad essere anche Presidente della CEI, ma questo è un dato contingente). Ciò che conta è che, in questa sua funzione di tutore della Fondazione, l’Arcivescovo di Genova, per così dire, si spoglia della sua “genovesità”, per rappresentare tutti i Vescovi d’Italia. La Fondazione, infatti, opera e vuole operare con riferimento a tutto il territorio italiano, come lo stesso statuto all’art. 2 prevede. Questo legame con la Curia genovese ci ricorda però come il Serra sia giunto e si sia poi diffuso in Italia, attraverso Genova, che è stata davvero la “porta”, “ianua”, per la nostra Associazione.

Il riferimento al passato, alle radici, non è certo un ostacolo ai giusti cambiamenti, a quelle che possono essere le riforme che il mutare dei tempi può suggerire: è piuttosto la solida base per una crescita ordinata, intelligente e davvero fruttuosa.

Avviandomi alla conclusione, vorrei condividere con voi una riflessione che prende spunto dalle attuali difficoltà della Chiesa, difficoltà legate a vistose carenze, per usare un eufemismo, nella disciplina ecclesiastica e nella moralità di alcuni sacerdoti.

Senz’altro siamo tutti colpiti dalle notizie che riportano comportamenti al limite dell’incredibile di taluni Sacerdoti, fortunatamente molto pochi, ma esiste un problema, molto più diffuso, e per questo forse più preoccupante ancora rispetto ai pochi casi eclatanti, un problema di mediocrità nel clero, di disaffezione verso i doveri dello stato sacerdotale, di negligenza verso le realtà spirituali, considerate quasi secondarie rispetto ai bisogni materiali, di uno stile mondano, per cui sembra che il Sacerdote abbia timore di manifestare la propria identità e tenda a camuffarla nell’abbigliamento, nel linguaggio, negli atteggiamenti, spesso nella trascuratezza, non dico solo della castità e di tutto quello che è connesso, ma anche e soprattutto della virtù dell’obbedienza, dello spirito di povertà e dell’umiltà. Chi conosce la storia della Chiesa non si meraviglia: Ecclesia semper reformanda (la Chiesa ha sempre bisogno di rinnovarsi spiritualmente nei suoi membri). La riforma della Chiesa è sempre partita dalla riforma del clero: dalla riforma gregoriana a quella tridentina fino a giungere all’attuale riforma, che potremmo chiamare benedettiana, dal nome di Benedetto XVI, che attraverso la restaurazione della liturgia, la valorizzazione della Tradizione, la spinta ad una cultura teologica più approfondita e conforme al Magistero, e anche attraverso norme penali più severe, tende a ripulire il volto della Chiesa.

Ebbene, noi serrani, come possiamo contribuire a questo processo di riforma? Senz’altro con la preghiera, senz’altro esigendo la santità dei nostri sacerdoti, perché ad essa essi sono tenuti (il can. 124 del vecchio Codice di Diritto Canonico stabiliva: “i chierici devono condurre vita più santa dei laici, ed essere a questi di esempio nella virtù e nel retto operare”), attraverso tutte le forme che la nostra amicizia con i sacerdoti ci può suggerire, ma anche attraverso gli strumenti finanziari, offerti dalla Fondazione. In che senso? Nel senso che spesso buone vocazioni non riescono a svilupparsi, a crescere, per problemi di carattere economico, pratico, per mancanza di mezzi che consentano studi approfonditi, o di superare difficoltà magari legate alla opposizione delle famiglie, così capita che magari vadano avanti alcuni mediocri, che non daranno poi buona prova di sé, mentre chi avrebbe buone inclinazioni, buone disposizioni non riesce, o riesce a fatica, a corrispondere alla vocazione che avverte nel cuore. Voi capite allora la grande importanza della Fondazione nell’aiutare proprio questi giovani a maturare i loro progetti conformi alla chiamata del Signore.

Più forte sarà la Fondazione e meglio potrà adempiere alla sua missione ecclesiale di aiutare le buone vocazioni, ripeto le buone vocazioni, a crescere e a maturare. Oggi abbiamo a disposizione anche lo strumento del 5 per mille, strumento che a noi non costa nulla, ma può produrre cospicue entrate per il ramo onlus della Fondazione, entrate che possono e debbono essere subito devolute agli scopi prescritti. Basta segnalare il numero del codice fiscale della Fondazione: 95018870105 e avremmo reso un grande servizio alla Chiesa ed infine a tutta la società. Gestire una Fondazione comporta senz’altro grande attenzione alle norme, ai risultati concreti, alla ricerca di migliori investimenti, ma quello che ci anima è la visione del fine ultimo, è la prospettiva del servizio che è comune a tutto il Serra.

Mi auguro che tutto il Serra senta sempre di più “sua” questa Fondazione, non solo perché ne alimenta, spero sempre più generosamente, le risorse, ma anche e soprattutto perché ne condivide pienamente le finalità.

Avv. Emilio Artiglieri