Cambia il segno della pace

L’abitudine di scambiarsi un segno di pace tra i fedeli nell’ascolto della Santa Messa, che si svolge tra il Padre Nostro e la frazione del pane, durante la quale si implora l’Agnello di Dio perché ci doni la sua pace, risale ai tempi più antichi della storia del cristianesimo. Un’esplicitazione del senso della comunione cristiana, come lo spiegano i liturgisti, che trova conferma con le testimonianze di San Giustino di Nablus, nel II secolo, con la sua Apologia, che lo contempla al termine delle preghiere, e di San Cirillo di Gerusalemme, nel IV secolo, con la sua Catechesi Mistagogica, che lo pone subito prima del dialogo del prefazio. Un gesto che intende rimarcare l’importanza della pace che viene dal Signore, perché il termine pace non può che essere inteso se non come compendio di ogni bene, dono messianico per eccellenza e frutto dello Spirito Santo.

Per vari secoli, nella Chiesa antica, il modo di scambiarsi la pace tra i fedeli dello stesso sesso è stato il bacio, in seguito sostituito o accompagnato dall’abbraccio e nel Messale dl 1570 si specifica che i ministri accostano mutuamente la guancia sinistra, senza toccarsi, abbracciandosi a una certa distanza. Con la riforma liturgica del XX secolo all’invito del celebrante “scambiatevi un segno di pace” è seguita prevalentemente la stretta di mano che, fino a prima della pandemia, è stata considerata, nel nostro contesto culturale, il gesto più adatto alla circostanza. Nella Editio Typica Tertia del Messale Romano del 2008 viene, inoltre, lasciato libero il modo di scambiarsi la pace e si delega alle Conferenze Episcopali la facoltà di stabilire le modalità di compiere questo gesto di pace secondo le usanze dei popoli. Si ricorda, però, che conviene che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino e in modo sobrio. La stretta della mano è rimasta, comunque, l’usanza più seguita.

Con il sopravvenire dell’epidemia, la consuetudine di stringersi la mano in segno di pace durante l’ascolto della Santa Messa è stata temporaneamente sospesa al fine di evitare ogni possibilità di contatto e ridurre i contagi. Ma il perdurare dell’epidemia stessa ha indotto la Conferenza Episcopale Italiana a orientarsi, al termine di una riunione del Consiglio Episcopale Permanente, ad adottare nuovi provvedimenti per ripristinare il gesto rituale con il quale si scambia il dono della pace. A tal fine, a decorrere da domenica 14 febbraio, la tradizionale stretta di mano è stata sostituita da un inchino o un semplice sguardo negli occhi con il vicino. “Volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino – si legge nel comunicato della CEI – può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità”.

Un’indicazione, ma anche una necessità per portare uniformità e per far risaltare il valore del gesto rituale.  Guardarsi e prendere contatto visivo con il proprio vicino, augurando “la pace sia con te” può essere, infatti, un modo sobrio ed efficace per recuperare, anche se in forma diversa, quel gesto rituale che ci avvicina in quel momento particolare della Santa Messa. Il recupero di questo segno potrà senz’altro aiutare a significare questo “dono della pace” e il cammino cristiano di ognuno di noi ben oltre le distanze sociali, le mascherine o altri impedimenti.

 

Cosimo Lasorsa