Club di Taranto. Perdono e indulgenza nella storia della Salvezza
Con l’inizio della Quaresima ritornare al tema del “Perdono”, che è il fil rouge di quest’anno serrano, è stato del tutto naturale per il Serra Club di Taranto. All’interno della parrocchia Maria SS. Del Monte Carmelo, insieme ai Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, sezione di Taranto, e all’Associazione Maestri Cattolici, all’indomani delle Sacre Ceneri, abbiamo ascoltato la dotta relazione di Mons. Marco Gerardo su “Perdono e indulgenza fra storia e teologia”.
Peccato, colpa, misericordia, perdono: su queste quattro parole si snoda l’intera storia della Salvezza. Una storia che inizia nell’Antico Testamento con l’appello costante alla Misericordia di Dio. Come non ricordare il Miserere mei, Deus che il re Davide fa nel salmo 50 riconoscendo con umiltà e dolore, con cuore contrito e affranto, tutte le sue colpe?
Dai riti di espiazione compiuti al Tempio, alla liberazione dai debiti e dai vincoli con la terra del grande Giubileo che ogni 50 anni veniva proclamato al suono del corno, tutte le pagine della Bibbia sono pervase dalla richiesta di perdono.
Perdonare vuol dire letteralmente “lasciar andare”, liberare. E’ il cammino della Quaresima che dalla Pasqua ebraica ci traghetta alla Pasqua cristiana. Cristo Agnello immolato ci libera dei peccati e ci abbraccia con la Sua Misericordia.
La Chiesa dei primi secoli cominciò ad elaborare le modalità del perdono in maniera diversa a seconda delle Comunità. In alcuni casi prevaleva la misericordia, in altri la severità con anatemi e scomuniche. Le penitenze potevano essere molto lunghe e dolorose specie per i peccati più gravi come eresia, omicidio, adulterio. Dal VII° al IX° secolo, per influenza dei monaci irlandesi che chiedevano ai penitenti di compiere un’opera meritevole come un pellegrinaggio o una visita ad un luogo santo, la pena canonica veniva ridotta con una decisione ad personam definita indulgenza.
La Quaresima ci indica ancora oggi, in due momenti, il percorso penitenziale che si era andato man mano componendo alla fine del primo millennio della vita cristiana. I peccatori nel giorno delle Ceneri si vestivano di sacco e si coprivano il capo di cenere, venivano accompagnati dal vescovo fuori dalla chiesa. Nel Giovedì Santo venivano riaccolti, perdonati e a loro erano lavati i piedi. In tutto il periodo della Quaresima l’intera comunità pregava per il riavvicinamento ed il perdono di quei fratelli.
La dottrina delle indulgenze è quindi il frutto di una lunga elaborazione strettamente connessa con la storia della disciplina penitenziale. Non possiamo non sottolineare che i concetti di peccato, colpa, penitenza sono strettamente connessi al contesto storico a cui si fa riferimento.
Che cos’è l’indulgenza? Secondo il Codice di Diritto canonico l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.
Infatti – osserva San Tommaso – se il criterio che dà valore all’indulgenza è l’unità del corpo mistico, cioè della Chiesa, nella quale molti oltrepassarono nelle opere di penitenza la misura di ciò che essi dovevano, ciò che è comune a una comunità è distribuito ai singoli secondo l’arbitrio di chi presiede alla comunità stessa.
E’ dall’XI secolo che l’indulgenza viene estesa in maniera a volte impropria fino a giungere alla possibilità di ottenerla con un’offerta in denaro, detta oblatio, per supportare opere di bene. Siamo alla vigilia del Rinascimento e dell’Età Moderna, nuovi fermenti agitano la società e le modalità di vivere la spiritualità e la rispondenza al dettato biblico. Sono gli anni della Perdonanza di Assisi, dello scisma luterano, del Concilio di Trento.
Dal XVI secolo ai nostri giorni la concessione delle indulgenze è stata variamente modificata. Dobbiamo al Concilio Vaticano II la richiesta esplicita di una riforma, il cui compito è rimandato al magistero del Sommo Pontefice. Paolo VI, con profondo senso di fedeltà alla mens ecclesiae e di responsabilità nel presentare gli strumenti della misericordia divina in un linguaggio accessibile all’uomo moderno, offre all’intera Chiesa cattolica, dopo due anni di discernimento con teologi e pastori di varie scuole e di varie aree culturali e spirituali, con la data dell’1 gennaio 1967 la costituzione apostolica «Indulgentiarum doctrina». La Chiesa offre, grazie ai meriti di Cristo, un’attenzione «indulgente» di Dio verso chi, pentito, ritorna a Lui e a Lui chiede, nello stile dell’umiltà e della carità, comprensione per la colpa.