Genova Nervi. La fede, come incontro personale con Gesù

Nel primo incontro del 2020, don Valentino Porcile, attingendo alla sua preparazione dottrinale e alla sua esperienza pastorale, si è soffermato sul tema dell’anno, sottolineando i due aspetti costitutivi e inscindibili della fede cristiana (fides quae creditur e fides qua creditur)

 

Nel primo incontro del 2020, i soci di Genova Nervi hanno ascoltato una conversazione “a tutto campo” sul tema dell’anno, da parte di don Valentino Porcile[1], un sacerdote amico del Serra e molto seguito non solo dai suoi parrocchiani, ma anche da persone che vivono situazioni di disagio o che subiscono gli effetti di emergenze (terremoti, alluvioni, il crollo del ponte Morandi, ecc).

Nell’introdurre il tema della serata, don Valentino ha richiamato alcune riflessioni dell’allora card. Joseph Ratzinger, formulate presso l’abbazia di Subiaco pochi giorni prima della sua elezione (il 19 aprile 2005) al soglio pontificio. In quell’occasione il futuro Benedetto XVI ebbe modo di sottolineare, con molta efficacia, che le donne e gli uomini di oggi, spesso soli e lontani da Dio, hanno bisogno di testimoni credibili. Solo uomini toccati da Dio possono riportarli al Padre.

Il relatore si è poi soffermato sull’importanza che il cristiano non si limiti ad apprendere i pur necessari contenuti della fede (fides quae creditur). ma … si decida a compiere il suo atto di adesione a Dio (fides qua creditur).  Entrambi, come aveva evidenziato sant’Agostino, sono aspetti costitutivi e inscindibili della fede. In altri termini, se la conoscenza dei contenuti (catechismo per i bambini, Sacra Scrittura per gli adulti) è importante per giungere ad una fede consapevole, non meno essenziale è l’adesione a quei contenuti, che impegna la volontà personale del cristiano.

Circa il primo aspetto, don Valentino ha rimarcato che oggi c’è il tentativo, da parte di ambienti ostili alla Chiesa, di eliminarne la presenza dal mondo della cultura. Alcuni intellettuali trovano scomodo il volto della Chiesa e si sforzano di “coprirlo”, per non vederlo. Ciò non può non avere  riflessi negativi sulla formazione dei giovani. Certo, la cultura non basta, ma può diventare, quando nutre la fede, il trampolino di lancio che porta a Dio. La sua carenza è alla base della quasi totale non conoscenza della fede cristiana da parte di molti giovani.

D’altra parte, ecco il secondo aspetto, i contenuti culturali non sono sufficienti ai fini di una fede piena. Posso avere tante nozioni su Dio, ma se non aderisco a Lui, con un convinto atto di fede, non sarò mai un suo testimone credibile. Anche il demonio conosce molto di Dio, ma ha rifiutato di aderire a Lui. Dunque, la fede viene nutrita non solo dalla mente (che assimila i suoi contenuti e si arricchisce con la cultura), ma anche dal  cuore (quando c’è l’adesione dal profondo della persona).

Esemplificando, e senza voler giungere a conclusioni semplicistiche, possiamo affermare che, paradossalmente,  la fede di una persona semplice (la vecchina che recita con tutta se stessa il Santo Rosario) può essere più vera di quella di un raffinato teologo, convinto di conoscere in profondità il mistero di Dio. Il Rosario della vecchina magari riesce a smuovere le montagne; il suo atto di fede la rende testimone credibile, dato che la fede è diventata parte della sua vita.

L’adesione a Dio raggiunge livelli sublimi quando, come osserva sant’Agostino,  di una persona si può dire che oratio factus. E’ ciò che succede ai santi, come san Francesco, i quali finiscono con il diventare preghiera: il raccoglimento profondo e il desiderio di vivere in una dimensione ultraterrena compiono il miracolo di immergere pienamente il santo in quella dimensione. Pure san Giovanni Paolo II aveva aderito con tutto se stesso a Dio, tanto che, in un’intervista allo scrittore Vittorio Messori, potè affermare che lui non credeva in Dio, semplicemente constatava che c’è Dio.

L’incontro personale con Dio, ha aggiunto il relatore, non avviene una tantum, ma va coltivato con costanza. Se mi allontano da Lui, finirò con il sentire sempre meno la sua presenza. Per fortuna, non c’è reciprocità: anche quando ci allontaniamo, Lui non si stanca e non ci lascia mai soli.

Don Valentino ha poi aggiunto che tra i testimoni credibili, nel quarto vangelo troviamo il Battista il quale, indicando ai suoi discepoli Gesù che passava come l’Agnello di Dio, si fa da parte, rinuncia al ruolo di maestro e  li invita a seguire Lui, “un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me” (Gv 1, 29-37).

A conclusione della serata, don Valentino ha invitato i presenti a ripercorrere la propria vita cristiana per risalire al Battista che ciascuno di noi ha incontrato. La persona, cioè, che mi ha trasmesso il Signore e ha saputo darmi una testimonianza credibile di fede, configurando quindi una sorta di incarnazione di Dio. Ma attenzione, testimone credibile non è sinonimo di perfetto, se mai di testimone coerente. E la prova che, grazie a quella persona ho incontrato il Signore non è difficile da trovare: basta verificare se, da allora, la mia vita è davvero cambiata.

 

Sergio Borrelli

[1] Don Valentino Porcile, parroco della chiesa Santissima Annunziata di Genova Sturla, è sacerdote da 28 anni. Ha esperienze pastorali diversificate: oggi opera in una zona “borghese” del levante genovese, mentre in passato ha guidato la comunità parrocchiale del quartiere popolare di Cornigliano. Un territorio difficile, dove la Chiesa è impegnata ad accompagnare persone e famiglie in difficoltà, alleviandone il disagio, materiale e spirituale. Anche dalla parrocchia di Sturla, per molti aspetti meno problematica, don Porcile, oltre a seguire i percorsi educativi del mondo giovanile, si prodiga a favore delle persone colpite da varie emergenze (terremoti, alluvioni, sfruttamento delle donne  e dei ragazzi).