Il cambiamento del linguaggio verbale nell’età postmoderna

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di  Maria Silvestrini

 

 

Organizzato dal Serra club di Taranto, Associazione Italiana Maestri Cattolici, Società Dante Alighieri comitato di Taranto, si è svolto venerdì 24 novembre nel Salone della Parrocchia San Pasquale Baylon il primo di una serie di incontri che la nostra associazione vuole sviluppare nella linea del programma indicato per l’anno in corso dal Presidente nazionale.

Relatrice la nostra cara amica Josè Minervini, Presidente della Società Dante Alighieri, Comitato di Taranto, a tutti noi nota come giornalista, ma prima ancora come poetessa di grande sensibilità.

Il cambiamento del linguaggio verbale è un tema che affronta il rapidissimo processo che ha trasformato, negli ultimi trent’anni, le modalità di diffusione delle comunicazioni in seguito all’avvento del digitale e dei sistemi informatici. Lo straordinario sviluppo tecnologico segna sempre di più le condizioni della vita nei suoi molteplici aspetti individuali e collettivi, il corpus delle conoscenze cresce e si modifica con ritmo incalzante, trasformando progressivamente le  stesse modalità di relazione ed interazione, ed è la prima volta nella Storia che i figli insegnano ai genitori l’uso delle tecnologie. La cultura da umanistica è diventata multimediale. L’uomo inserito nel ciberspazio senza centro e senza direzione si sente spaesato  e sopraffatto dall’intelligenza artificiale. È saltato il pensiero forte che ha partorito le diverse ideologie: idealismo, marxismo, illuminismo. Un processo difficile da comprendere nelle sue molteplici sfaccettature che si riflette all’interno del tessuto comunicativo scolastico, nelle relazioni interpersonali, specie nel mondo giovanile, e naturalmente nella trasmissione della fede.

La lingua italiana ne ha ricevuto uno scossone che si è immediatamente riflesso nel disuso della grammatica nelle forme ed articolazioni a noi note. L’uso delle forme verbali si è ristretto ed il presente sempre più usato ed abusato racconta una società ripiegata sul “tutto e subito” piuttosto che sulla costruzione di percorsi di lungo termine. Si registra la perdita di espressività ed efficacia comunicativa dovuta all’impoverimento del linguaggio consequenziale ed all’uso della tecnologia che richiede una comunicazione  veloce e sintetica.  Gli anglesismi sempre più diffusi sono il segno di una globalizzazione fortemente influenzata dal pensiero occidentale che facilita le comunicazioni ma tende ad imporre modelli unificanti. La povertà lessicale è estrema, i ragazzi di oggi conoscono 800 lessemi su un patrimonio della lingua italiana di 270.000. Tale povertà condiziona la capacità di espressione e di formulazione dei pensieri e può essere concausa dei comportamenti violenti perché non consente di rielaborare bene le esperienze di vita e le relazioni sociali. Ne consegue una maggior facilità di scivolare nella maleducazione, nel sessismo,  nella violenza, nella emarginazione.

Il patrimonio linguistico di una nazione è una radice che deve essere conservata, ne sono ben consapevoli la Società Dante Alighieri e l’Accademia della Crusca che ne sostengono l’inserimento nella Costituzione e diffondono il sentire umanistico in momenti di crisi come quello attuale. Particolarmente interessante, in questo panorama è il ruolo che ha avuto la Chiesa, con le sue Istituzioni (vale la pena ricordare come proprio in questi giorni, su iniziativa della Dante, si tiene a Roma un convegno su “L’italiano della Chiesa”). I messali di preghiera, i sermoni e le omelie, le vite dei Santi, sono stati per lunghi secoli una delle poche modalità di approccio della popolazione alla lingua italiana, ed ancora oggi Essa ne mantiene una profonda attenzione all’uso corretto e mai triviale o sessista.

La relazione ad ampio spettro di Josè Minervini è stata trapuntata da interventi ed osservazioni in dialogo con i presenti che ha reso profondo e stimolante l’incontro. Le parole sono potere, sosteneva don Milani, meno si sa e più si è poveri. Attenzione quindi alla desertificazione della nostra lingua, un patrimonio da conservare e coltivare.