Eremo Francescano Santa Maria Maddalena
L’esperienza degli eremiti, che è all’origine del monachesimo, ancora oggi è presente nella Chiesa e ve ne sono vari esempi. Ci accostiamo a questa realtà e cominciamo a conoscerla, tramite la testimonianza di fr. Cristiano di Gesù, che vive da eremita nell’Eremo Francescano Santa Maria Maddalena. L’eremo si trova ad Adelano di Zeri (MS), a circa 25 km da Pontremoli.
“Beato il servo che conserva nel suo cuore i segreti del Signore”
San Francesco d’Assisi
Con il cuore e la mente rivolti a Dio
Esistono ancora gli eremiti, coloro che, nella solitudine e nel silenzio del romitorio, vivono alla sequela del Cristo povero e Crocifisso (Tommaso da Celano, Vita secunda, CXXI, 105 [FF 692]), imitando la vita degli antichi anacoreti del deserto?
La risposta può sembrare anacronistica, ma è: sì! Sono uomini e donne, laici e sacerdoti, religiosi e monaci che, fuggendo dal rumore e dalla frenesia del mondo, seguono il richiamo dello Spirito, per “vivere sulla soglia”, «nascosti con Cristo in Dio» (Colossesi 3, 3).
Abitano in piccoli appartamenti nelle affollate metropoli, o nelle periferie anonime delle nostre città; vivono in canoniche abbandonate, il più delle volte in luoghi impervi e difficilmente raggiungibili, spesso in montagna, rincorrendo un’ispirazione e un desiderio: «seguire più da vicino il Vangelo e le orme del Signore nostro Gesù Cristo» (Rituale Romano-Serafico, Formula di Professione dell’Ordine dei Frati Minori) nella solitudine e nel silenzio della vita nascosta.
Questa specifica vocazione è accolta nella Chiesa come una “chiamata particolare” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 921), una vocazione nella vocazione.
Gli eremiti, «in unione spirituale con tutta la Chiesa e in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine, nella continua preghiera e penitenza», vivono la loro esperienza di fede «dedicando la loro vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo» (Codice di Diritto Canonico, can. 603 § 1). La loro semplice, nascosta e laboriosa esistenza vuole essere una «predicazione silenziosa di Colui al quale hanno consegnato la loro vita», un invito per la Chiesa a «non perdere mai di vista la suprema vocazione che è di stare sempre con il Signore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 921).
San Francesco d’Assisi, pur chiamato dal Signore ad annunziare il Vangelo di salvezza per le strade del mondo, non rinunciò mai al desiderio di dedicarsi unicamente alla vita contemplativa. Con i suoi primi compagni, che chiamerà “fratres minores”, egli «discorreva spesso se dovessero svolgere la loro vita tra gli uomini o ritirarsi in luoghi solitari» (Tommaso da Celano, Vita prima, XIV, 35 [FF 381]). Scelsero una forma di vita “mista”, che contemplasse l’“itineranza” tra vita ritirata e vita apostolica. Lo stile dell’eremita francescano è così il tentativo di armonizzare la “vita di orazione e devozione” e l’impegno dell’“evangelizzazione”, attraverso una costante itineranza tra l’incontro con il Signore e lo stare tra la gente.
“Nelle domeniche e nei giorni festivi
i frati uscivano dalle loro piccole abitazioni
per andare a predicare la parola di vita
nelle chiese parrocchiali”
Ruggero di Wendover, Chronica, 1 [FF 2279]
L’eremita francescano nutre costantemente la sua silenziosa solitudine del «sacramento dell’unità» (San Pier Damiani, Dominus vobiscum, X). «Separato da tutti, ma unito a tutti» (Evagrio il Pontico, De oratione), è consapevole di formare con i fratelli e le sorelle «un solo corpo in Cristo» (Romani 12, 4-5). La sua solitudine è così abitata costantemente dal volto dei fratelli, dal desiderio dell’incontro, dall’anelito alla comunione. Egli vive l’eremo come uno spazio “separato”, ma non chiuso, uno luogo che si apre all’accoglienza, all’ospitalità, al vivere rapporti fraterni di comunione, perché: «Se uno non sa vivere con gli altri, non sarà capace di vivere nella solitudine dell’eremo» (Abbà Lukios, I detti dei Padri del Deserto). In questo modo, la sua casa e il suo cuore rimangono una “porta aperta al mondo”.
“Silenziosamente, nascostamente, come Gesù a Nazareth, oscuramente, come lui passare inosservato sulla terra, come un viaggiatore nella notte … Poveramente, laboriosamente, umilmente, dolcemente, facendo il bene e imitando in tutto Gesù a Nazareth …”
Regola di vita eremitica
“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Questa è la vita del Vangelo di Gesù Cristo.”
La regola e la vita dell’eremita è questa: osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.
Chiamati da Dio alla sequela di Gesù Cristo, coloro che vogliono vivere religiosamente negli eremi abbiano a cuore di praticare i santi voti di castità, povertà e obbedienza per il Regno dei cieli. In unione spirituale con tutta la Chiesa e in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine, nella continua preghiera e penitenza, gli eremiti dedichino la propria vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo.
Il modo di vivere dell’eremita, è di rimanere da parte, nascosto; è umiltà, povertà volontaria, obbedienza, pace, gioia nello Spirito Santo, sotto un maestro, sotto una regola, sotto una disciplina. Consiste nell’esercitare il silenzio, nel praticare il digiuno, la veglia, la preghiera, il lavoro manuale e soprattutto seguire la via più giusta, che è quella della carità.
VITA DI PREGHIERA
L’eremita che vive nella solitudine del silenzio, consacri il suo tempo alla preghiera e alla lode, affinché l’intero corso del giorno e della notte sia santificato mediante la lode di Dio.
Il centro e la sorgente della vita dell’eremita è l’Eucaristia, celebrata con letizia di spirito in solitudine o in comunione con i fedeli…
… e l’ascolto della Parola di Dio, attraverso la lettura attenta e meditata della Sacra Scrittura.
“Da questo segno si
può riconoscere
il servo di Dio: se ha
lo spirito del Signore”
Nel desiderio di possedere sopra ogni altra cosa lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, l’eremita celebri fedelmente la Liturgia delle Ore. Attenda regolarmente all’orazione mentale e coltivi una particolare devozione nei riguardi della Vergine Madre di Dio e dei santi.
L’ORARIO
“I frati che dimorano negli eremi celebrino la Liturgia delle Ore:
si alzino per il Mattutino, dicano Prima e dopo Terza sciolgano
il silenzio. Dopo il tramonto recitino Compieta. Conservino il silenzio.”
L’orario, insieme ai tempi dedicati alla preghiera e alla celebrazione della liturgia divina, contempli i tempi del lavoro e del riposo, dello studio e della lettura, mansioni che, con equilibrio, scandiscono la vita quotidiana dell’eremita.
L’orario, insieme ai tempi dedicati alla preghiera e alla celebrazione della liturgia divina, contempli i tempi del lavoro e del riposo, dello studio e della lettura, mansioni che, con equilibrio, scandiscono la vita quotidiana dell’eremita.
IL LAVORO
Il lavoro sia per l’eremita il principale e primario mezzo di sostentamento, un impegno quotidiano che egli possa eseguire all’interno del romitorio o nelle sue immediate vicinanze, come è scritto …
Coloro che sanno lavorare, lavorino ed esercitino quel mestiere che già conoscono, se non sarà contrario alla salute dell’anima e può essere esercitato onestamente. Infatti dice il profeta: Mangerai il frutto del tuo lavoro.
Il lavoro sia scelto in modo da non spegnere lo spirito della santa orazione e devozione al quale devono servire tutte le altre cose temporali, un elemento di equilibrio che, per la sua manualità, faciliti l’osservanza del silenzio e l’esercizio della preghiera continua.
SILENZIO E SOLITUDINE
L’eremita si impegni con fedeltà al distacco dalle agitazioni, dalla frenesia del mondo e dai discorsi vani.
Come è detto del padre san Domenico, si mostri parco di parole e apra la bocca o per parlare con Dio o per parlare di Dio e, fissando lo sguardo nel Signore viva servendo, amando e adorando il Signore Dio, con cuore puro e mente pura. E sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo, ad imitazione del Poverello d’Assisi, che aveva fatto del suo petto il suo tempio.
Per questo l’eremita procuri di mantenere la tranquillità profonda della santa solitudine, gustando la riservatezza dell’eremo nel suo distacco e nella sua separazione dal mondo, grato di poter abitare nella casa del Signore tutti i giorni della sua vita.
L’ACCOGLIENZA
Il desiderio della solitudine e del silenzio, tuttavia, per nessuna ragione e in alcun modo, soffochi i doveri della carità e dell’ospitalità.
L’accoglienza sia attenta e premurosa. L’eremita non rifiuti l’ospitalità al povero e al debole, all’emarginato e all’escluso, al pellegrino e al forestiero …
… e abbia amorosa sollecitudine verso i malati e i sofferenti memore di quanto il Signore dice: Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
“Il regno di Dio è simile al lievito preso e nascosto nella farina, finché tutta la pasta sia lievitata.”
La regola della nostra vita sia la vita del Cristo, la nostra regola scritta sia il Vangelo. In esso è racchiusa la vera vita religiosa, la norma di ogni perfezione.
Che cosa c’è nelle regole di san Francesco e san Domenico che non sia contenuto nel Vangelo? Se dunque vogliamo avere uno stile di vita religiosa, guardiamo al Vangelo. Mettiamo in pratica ed imitiamo i suoi esempi ed in questo modo raggiungeremo il vertice della perfezione di tutte le virtù: l’amore. Da questa sorgente, infatti, sgorgano tutti i rivoli della vita religiosa.
“E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’Altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto col Santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi.”
“Ed io, frate Francesco, piccolino, vostro servo, confermo a voi questa santissima benedizione. Amen!”
Fr. Cristiano di Gesù