Visita del Serra Club di L’Aquila al Convento francescano di San Giuliano

Domenica 5 marzo numerosi soci del club si sono ritrovati presso il Convento di SAN GIULIANO per trascorrere una giornata all’insegna della spiritualità e dell’amicizia.

Dopo la messa il nostro Presidente Walter Capezzali ha dato la parola al dottor. Luca Ventura, anatomo-patologo ,per una dissertazione sui resti di alcuni beati francescani custoditi all’interno della chiesa

Il dottor. Ventura ha subito messo in risalto il suo interesse per lo studio delle reliquie dei beati e dei santi, utilizzando quelle che sono le tecniche diagnostiche che si applicano all’analisi dei resti umani. Le reliquie ,ha affermato, rappresentano un punto di incontro tra storia, scienza e devozione. I tre Beati presi in esame sono : Vincenzo da L’Aquila, Bernardino da Fossa e Tommaso da Cascina. Il dottor Ventura ha esaminato in particolare il Beato Vincenzo, in quanto si presenta mummificato naturalmente e quindi meglio conservato. L’analisi ha messo in evidenza quali siano state le sue patologie, lo stile di vita e le cause della sua morte.

La mattinata è proseguita con la visita del convento, iniziando dall’ammirazione della chiesa che ,pur essendo molto piccola ,contiene dei veri tesori, sia dal punto di vista pittorico, architettonico e storico.

Il complesso di San Giuliano ,immerso nel verde della pineta, è una struttura molto articolata; comprende, infatti, un grande chiostro con le pareti affrescate e recentemente restaurate che ripercorrono la vita di San Giovanni da Capestrano e il “I Conventino” definito “locchetto” che è il primo edificio in Abruzzo costruito dall’Osservanza Francescana nel 1415,caratterizzato da piccole stanze affrescate che riportano all’essenzialità dell’eremo. Una biblioteca ,il museo di scienze naturali ,una sala convegno e la mostra perenne di presepi realizzati artigianalmente costituiscono l’attrattiva specifica del complesso conventuale.

Una colazione frugale nelle vicinanze del convento ha concluso serenamente la giornata.

Club di Taranto. Perdono e indulgenza nella storia della Salvezza

Con l’inizio della Quaresima ritornare al tema del “Perdono”, che è il fil rouge di quest’anno serrano, è stato del tutto naturale per il Serra Club di Taranto. All’interno della parrocchia Maria SS. Del Monte Carmelo, insieme ai Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, sezione di Taranto, e all’Associazione Maestri Cattolici, all’indomani delle Sacre Ceneri, abbiamo ascoltato la dotta relazione di Mons. Marco Gerardo su “Perdono e indulgenza fra storia e teologia”.

Peccato, colpa, misericordia, perdono: su queste quattro parole si snoda l’intera storia della Salvezza. Una storia che inizia nell’Antico Testamento con l’appello costante alla Misericordia di Dio. Come non ricordare il Miserere mei, Deus che il re Davide fa nel salmo 50 riconoscendo con umiltà e dolore, con cuore contrito e affranto, tutte le sue colpe?

Dai riti di espiazione compiuti al Tempio, alla liberazione dai debiti e dai vincoli con la terra del grande Giubileo che ogni 50 anni veniva proclamato al suono del corno, tutte le pagine della Bibbia sono pervase dalla richiesta di perdono.

Perdonare vuol dire letteralmente “lasciar andare”, liberare. E’ il cammino della Quaresima che dalla Pasqua ebraica ci traghetta alla Pasqua cristiana. Cristo Agnello immolato ci libera dei peccati e ci abbraccia con la Sua Misericordia.

La Chiesa dei primi secoli cominciò ad elaborare le modalità del perdono in maniera diversa a seconda delle Comunità. In alcuni casi prevaleva la misericordia, in altri la severità con anatemi e scomuniche. Le penitenze potevano essere molto lunghe e dolorose specie per i peccati più gravi come eresia, omicidio, adulterio. Dal VII° al IX° secolo, per influenza dei monaci irlandesi che chiedevano ai penitenti di compiere un’opera meritevole come un pellegrinaggio o una visita ad un luogo santo, la pena canonica veniva ridotta con una decisione ad personam definita indulgenza.

La Quaresima ci indica ancora oggi,  in due momenti, il percorso penitenziale che si era andato man mano componendo alla fine del primo millennio della vita cristiana. I peccatori nel giorno delle Ceneri si vestivano di sacco e si coprivano il capo di cenere, venivano accompagnati dal vescovo fuori dalla chiesa. Nel Giovedì Santo venivano riaccolti, perdonati e a loro erano lavati i piedi. In tutto il periodo della Quaresima l’intera comunità pregava per il riavvicinamento ed il perdono di quei fratelli.

 

La dottrina delle indulgenze è quindi il frutto di una lunga elaborazione strettamente connessa con la storia della disciplina penitenziale. Non possiamo non sottolineare che i concetti di peccato, colpa, penitenza sono strettamente connessi al contesto storico a cui si fa riferimento.

Che cos’è l’indulgenza? Secondo il Codice di Diritto canonico l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.

Infatti – osserva San Tommaso – se il criterio che dà valore all’indulgenza è l’unità del corpo mistico, cioè della Chiesa, nella quale molti oltrepassarono nelle opere di penitenza la misura di ciò che essi dovevano, ciò che è comune a una comunità è distribuito ai singoli secondo l’arbitrio di chi presiede alla comunità stessa.

E’ dall’XI secolo che l’indulgenza viene estesa in maniera a volte impropria fino a giungere alla possibilità di ottenerla con un’offerta in denaro, detta oblatio, per supportare opere di bene. Siamo alla vigilia del Rinascimento e dell’Età Moderna, nuovi fermenti agitano la società e le modalità di vivere la spiritualità e la rispondenza al dettato biblico. Sono gli anni della Perdonanza di Assisi, dello scisma luterano, del Concilio di Trento.

Dal XVI secolo ai nostri giorni la concessione delle indulgenze è stata variamente modificata. Dobbiamo al Concilio Vaticano II la richiesta esplicita di una riforma, il cui compito è rimandato al magistero del Sommo Pontefice. Paolo VI, con profondo senso di fedeltà alla mens ecclesiae e di responsabilità nel presentare gli strumenti della misericordia divina in un linguaggio accessibile all’uomo moderno, offre all’intera Chiesa cattolica, dopo due anni di discernimento con teologi e pastori di varie scuole e di varie aree culturali e spirituali, con la data dell’1 gennaio 1967 la costituzione apostolica «Indulgentiarum doctrina». La Chiesa offre, grazie ai meriti di Cristo, un’attenzione «indulgente» di Dio verso chi, pentito, ritorna a Lui e a Lui chiede, nello stile dell’umiltà e della carità, comprensione per la colpa.

 

Club di Catania. Riflessione sul Concilio Vaticano II

Il Seminario Interdiocesano di Catania ha recentemente ospitato un evento di grande rilievo, organizzato dal Serra Club di Catania, dedicato a una riflessione sul Concilio Vaticano II, che profondamente ha inciso nella vita e nella fenomenologia della vita della Chiesa e che ancora oggi tanto ha ancora da rivelare, da sviluppare, da significare. L’incontro, a cui ha partecipato anche S.E. Mons. Salvatore Gristina, Vescovo Emerito della diocesi, il quale ha diretto l’incontro assieme alla presidente eletta del Club, prof.ssa Renata Gentile e alla past president, prof.ssa Marinella Cocuzza Ferlito, ha raccolto un folto numero di soci attorno a questo affascinante ed incisivo tavolo tematico.
La conferenza è stata tenuta da don Nino La Manna, ex rettore del Seminario stesso e attualmente Vicario Episcopale per la Cultura della Diocesi di Catania, il quale ha condotto la sua relazione su un binario costituito da visione storica del periodo e dei protagonisti principali del Concilio e da introspezione personale, in senso spirituale ed ecclesiale, sottolineando l’importanza dell’attività conciliare e dei documenti che da essa sono scaturiti che, a tutt’oggi, non hanno terminato di esprimere la loro influenza: dall’atteggiamento davanti alla Parola, alla concezione della Storia, della Chiesa e del suo ruolo in essa, alla relazione fra i fedeli del popolo di Dio e con la libertà religiosa di fratelli di altre religioni.
Il cammino conciliare, permeato della prospettiva ecumenica che ha caratterizzato la profondità spirituale di Papa Giovanni XXIII (il Concilio si volge a “tutti gli uomini di buona volontà che Dio vuol fare salvi e condurre alla conoscenza della verità”) è poi andato avanti con il sostegno dei papi successivi, giungendo vivo e forte fino a noi, desiderosi di proseguirlo nella molteplicità delle vocazioni che colorano la storia umana.
La straordinaria capacità comunicativa e la profonda conoscenza che il relatore ha saputo rendere fruibile a tutti i partecipanti ha innescato un costruttivo e sentito dialogo fra i presenti Ha concluso una pregiata riflessione da parte di S.E. Mons. Gristina.

Alessio Emanuele Biondo
Vice Presidente Comunicazioni
Serra Club Catania

Club di Udine. Incontro con due cappellani delle carceri.

Il Serra Club di Udine, continua con le sue iniziative volte alla diffusione della cultura cristiana nella società.

E’ per questo motivo che giovedì 23 febbraio 2023 il Serra Club di Udine, si è fatto promotore dell’incontro intitolato “Ero carcerato, sei venuto a trovarmi”. A raccontare la loro esperienza nel carcere i due Cappellani delle case circondariali di Udine e di Tolmezzo, rispettivamente i padri vincenziani Lorenzo Durandetto e Claudio Santangelo, che hanno anche presentato l’iniziativa del “Vangelo sospeso” per le persone detenute.

Due frasi in particolare hanno colpito i presenti: «Non mi sono sentito mai sacerdote come adesso» e «Da soli due mesi operiamo all’interno del carcere, ma sembrano trascorsi due anni». Parole che descrivono bene il valore spirituale e umano di un incarico che richiede un forte spirito missionarietà e disponibilità sia verso le persone recluse sia verso tutti gli operatori interni.

Nel corso dell’incontro sono anche stati letti alcuni pensieri dei detenuti che hanno colpito molto i presenti. Diversi gli interventi e le domande da parte del pubblico presente a dimostrare l’interesse verso questa realtà.

Presenti all’incontro, tra gli altri, anche una funzionaria dell’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) e mons. Luciano Nobile, Arciprete di Udine, insieme ad alcuni addetti che operano nell’ambito del volontariato carcerario e del sociale.

Nell’occasione i due padri Vincenziani hanno anche presentato l’iniziativa del “Vangelo sospeso”, che prevede la possibilità di acquistare delle copie del libro dei Vangeli, o di libri di preghiere, da donare tramite la cappellania penitenziaria ai detenuti che le desiderano.

L’incontro ha visto una folta partecipazione di pubblico e anche l’iniziativa del “Vangelo sospeso” ha raggiunto ottimi risultati.

Paolo Zoratti

Presidente Serra Club di Udine

Club di Udine. Prima parte dell’anno sostegno al seminario delle diocesi di Udine, Trieste e Gorizia

Per il Club di Udine, la prima parte dell’anno serrano è stata all’insegna del sostegno al Seminario Interdiocesano San Cromazio d’Aquileia (diocesi di Udine, Trieste e Gorizia). Sono state infatti consegnate 4 borse di studio elargite dalla Fondazione Beato Junipero Serra ad altrettanti seminaristi bisognosi di sostegno economico. Presso il seminario sono presenti 28 seminaristi, di cui 18 appartengono alla diocesi di Udine .

La consegna delle prime tre borse di studio a tre entusiasti giovani seminaristi è avvenuta nel corso del mese di novembre presso la parrocchia di San Marco in Chiavris (UD). All’incontro ha partecipato anche il rettore del seminario Don Daniele Antonello.

E’ stato un incontro che ci ha permesso di far sentire la nostra amicizia e vicinanza serrana a degli splendidi giovani seminaristi, uno dei quali è già diventato diacono.

Il 19 dicembre scorso poi, il Serra club di Udine ha partecipato alla celebrazione del “Missus Est”, presso il Seminario San Cromazio d’Aquileia (seminario interdiocesano delle diocesi di Udine Gorizia e Trieste), insieme agli amici dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, agli associati del Gruppo M.E.I.C. di Udine, dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani e dell’UCID, incontro organizzato in preparazione al Santo Natale. La serata è iniziata con un intenso momento di adorazione eucaristica guidata dal nostro Arcivescovo Bruno Mazzocato conclusasi con il bellissimo canto del “Missus Est”. Il Missus è la celebrazione della novena di Natale in uso nell’antica diocesi patriarcale di Aquileia, e conservata nell’arcidiocesi di Udine, in buona parte dell’arcidiocesi di Gorizia e della diocesi di Concordia-Pordenone, nonché in alcune aree di quella di Belluno-Feltre. Tale celebrazione è incentrata sul canto del brano evangelico che narra l’annuncio dell’Angelo alla Vergine Maria (Lc 1,26-38), brano che inizia appunto con le parole Missus est angelus Gabriel a Deo. Nel corso della serata abbiamo anche consegnato la quarta borsa di studio elargita dalla Fondazione Beato Junipero Serra ad un seminarista bisognoso di sostegno economico che frequenta il quinto anno di studi. La serata si è conclusa con un gioioso incontro conviviale e con il consueto scambio degli auguri natalizi.

 

Paolo Zoratti

Presidente Serra Club di Udine

A Viterbo un evento in ricordo del dottor Luigi Ferro

Il Club di Viterbo, in ricordo del socio Luigi Ferro, organizza per sabato 18  marzo, alle ore 16.30, un grande evento presso il Salone Alessandro IV Palazzo dei Papi.

Di seguito l’invito della Presidente del Club di Viterbo a tutti i Serrani.

Tanto tempo fa avevamo programmato con Luigi delle tappe, degli argomenti da affrontare e dei momenti che ci avrebbero portato alla conclusione dell’anno sociale.  Abbiamo sofferto tanto la sua perdita ma siamo convinti che portare avanti il lavoro che ha sempre svolto, con tanta dedizione, sia rispettare la sua volontà.

Eccoci quindi a presentare, a parteciparvi, l’evento del prossimo 18 marzo: un argomento importante, ampio, affrontato dal Dr. Fabrizio Mastrofini, capo ufficio stampa della Pontificia Accademia per la Vita, giornalista, filosofo, scrittore e dal co-relatore Dr. Marco Italiano, presidente di Res Magnae, giornalista, col quale il Serra Club di Viterbo ha già avuto modo di collaborare in occasione della presentazione del Catechismo della Chiesa Cattolica col commento dei 23 cardinali.

Ci auguriamo che tanti partecipino, che la città con le sue associazioni e i suoi club rispondano all’invito e che partecipino anche le Istituzioni.

Beatrice Valiserra Pazzaglia

 

 

locandina 18 marzo

Il Serra Club di Ferrara ricorda don Alessandro Denti

Tutto esaurito, nella capiente sala riunioni del Seminario di Ferrara, all’incontro organizzato dal Serra club per ricordare don Alessandro Denti, sacerdote scomparso poco meno di sei anni fa e sempre nei cuori dei tantissimi che lo conobbero e che ne seppero apprezzare le grandi qualità. Il tema della serata – ha osservato in apertura il presidente Alberto Lazzarini, che ha coordinato i lavori – è perfettamente in linea con le finalità dell’associazione “nata per sostenere le vocazioni, nei modi più diversi: la preghiera e l’iniziativa; l’incontro e l’aiuto economico, la divulgazione. E proprio la cultura cattolica – ciò che essa significa in questa nostra società in continua evoluzione, sempre più secolarizzata – è il secondo grande motivo d’essere del sodalizio”.

Due le relazioni-base, quelle del vicario generale monsignor Massimo Manservigi e di Alda Lucci promotrice dell’incontro; quattro le testimonianze (di Piera Murador, Roberto Pasqualini, Gianni Tebaldi e Ornella Antoniolli); il tutto alternato da letture eseguite da due lettori di eccezione e tratte da scritti dello stesso don Alessandro: Luigi Dal Cin (noto autore di libri per bambini, docente universitario) e Silvia D’Ambrosio (attrice e autrice). Più specificamente, i brani erano stati scelti dal libro realizzato su don Denti a cura di Alda Lucci, Sabina Marchetti, Simonetta Montanari, Bruno Quarneti e Silvia Veronesi.

Dalla serata è emersa di nuovo la grande figura di questo sacerdote nato nel 1959, entrato in seminario nel 1970 e consacrato nel 1983. Vicario parrocchiale a Pontelagoscuro, a San Gregorio, a S. Francesca Romana, a Voghiera e Montesanto.  Poi parroco a Malborghetto di Boara. Nel 2006 succede a don Ivano Casaroli come assistente diocesano del Movimento di Rinascita Cristiana. Nel 2016, nella cattedrale di Ferrara riceve la nomina a canonico e il titolo di monsignore.  Ma la malattia lo ha già colpito e dopo lunga agonia si spegne il 4 marzo 2017 presso l’Hospice Casa della Solidarietà ADO di Ferrara.

Molti sono stati i ricordi e le riflessioni espressi nel corso della serata, a cominciare dalla consapevolezza, da parte di don Sandro, di avere ricevuto la vocazione parrocchiale quale “Ricostruttore di cuori, da cui ricostruttore della comunità”.

Don Sandro era un uomo di gioia, dovuta all’incontro e alla sua azione evangelizzatrice che conferma come non si debba stare da soli, fermi. Credeva nella Fratellanza universale in contrapposizione all’individualismo sfrenato e operava per la cura della casa comune, della comunità locale. Don Sandro è naturalmente rimasto nel cuore di tante persone. E’ stato ed è molto amato avendo fatto tanto bene a tanti.

Di rilievo, naturalmente, è il ruolo svolto dalla famiglia, della quale scriverà: “Ricordo, anche se il cuore era gonfio di emozione e stupore, la loro libertà e il loro coraggio nell’affidare questo cucciolo d’uomo al Signore, consapevoli di non essere i proprietari della vita del loro primogenito e davanti alla mia ferma volontà, con la fede dei semplici, si sono a loro volta fidati e affidati, certi che se la cosa veniva da Dio nulla l’avrebbe fermata!”

Don Sandro – è stato detto – è “un interlocutore silenzioso per il suo collocarsi nella realtà non al centro ma alla periferia di essa: si spiegano così la sua mobilità e ad un tempo la sua capacità di ascolto e di attesa”.

Grazie alle sue capacità di relazione e di incontro, è stato un punto di riferimento essenziale per Malborghetto, non solo per quanto riguarda l’aspetto religioso, ma anche quello sociale. Ha condiviso con gli abitanti le richieste per il rifacimento della piazza, ha partecipato alle iniziative della Fondazione Navarra, ha contribuito a formare un’identità di paese, ha fortemente sostenuto la sagra di San Maurelio considerata come una parte integrante della sua azione pastorale, in quanto permetteva alla comunità parrocchiale di aprirsi all’esterno e di avvicinare anche tanti che per diversi motivi non la frequentavano o se ne erano allontanati.

Alla base della spiritualità di don Alessandro sta non solo la relazione con gli altri, ma soprattutto la relazione con l’Altro. Ecco perché nei vari interventi sono state sottolineate alcune sue “stelle polari”, ad esempio fedeltà e preghiera nel segno, in particolare, di giustizia-solidarietà-pace.

Club di Ferrara. Incontro sui migranti

Di migranti si è parlato nel corso della più recente riunione del Serra club Ferrara. Lo si è fatto attraverso la testimonianza di cinque persone che dai loro paesi sono giunti, nei modi più diversi, in Italia dove hanno iniziato a lavorare e a inserirsi, all’inizio con difficoltà e poi con soddisfazione. C’è chi si è sposato e ha avuto figli che vanno a scuola e che sono (cittadinanza o no, piaccia o no) italiani.

Nell’introduzione alla serata, che si è svolta come di consueto in Seminario, il presidente del club Alberto Lazzarini ha fotografato la situazione nella nostra provincia dove gli stranieri sono quasi 35.000 e rappresentano il 10,2% della popolazione. La nazionalità più diffusa è quella romena (19,1%) seguita marocchini, ucraini, albanesi e moldavi. Il 10,3% delle imprese (dati Camera di commercio) sono straniere, in costante crescita, e sono le uniche ad aumentare, insieme alle imprese giovani.

Di testimonianze, si accennava. Invitati da don Domenico Bedin presidente dell’Associazione Viale K ma notoriamente attivo anche in altre realtà dell’immigrazione del volontariato, si sono susseguiti al microfono un immigrato congolese, una ucraina, e tre albanesi di cui una coppia: cinque storie l’una totalmente diversa dall’altra ma tutte accomunate dalla volontà di trovare un futuro migliore rispetto a quello che si prospettava nella loro patria. E tutti uniti dal sacrificio di andarsene dai propri affetti, dalle proprie abitudini, dalla propria realtà: non poco.

La collaboratrice domestica ucraina da oltre vent’anni a Ferrara ha parlato del suo rapporto con gli anziani, non di rado malati di alzheimer, della sofferenza per la loro situazione e l’impossibilità molto spesso di comunicare. Il lavoro è comunque lavoro e per lei è importante, anzi fondamentale, soprattutto oggi con la crisi in patria dovuta dall’invasione russa che ha stravolto tutto, compresa la certezza degli affetti, visto che teme – lo ha confessato – che figlio e nipote possano essere chiamati alle armi. C’è poi chi ce la fa grazie anzitutto alla fantastica rete della comunità locale che accoglie, soprattutto quella legata alla Chiesa: è il caso di un medico albanese, specializzata e con alte responsabilità lavorative nel nostro Sant’Anna, sempre sostenuta da don Bedin che l’ha fatta studiare consentendole una carriera lavorativa; ora è sposata, ha figli, tutti ben inseriti. E ancora: un congolese giunto in città dopo mille peripezie legate agli sconvolgimenti politici del suo paese; da anni dirige un dormitorio della città; a sua volta è sposato e ha figli. Così come una coppia albanese: lui (arrivò con un gommone) lavora in un vivaio, lei fa lavori domestici. Tutti parlano un italiano quasi perfetto. “Gli immigrati – ha osservato don Bendin – iniziarono ad arrivare 30 anni fa. La definirono un’ “invasione”. Non fu capita la portata del fenomeno e nemmeno la sua capacità di cambiare la nostra cultura”. Senza queste persone chi avrebbe aiutato gli anziani a casa loro (800.000 badanti) o avrebbe lavorato nelle fabbriche, nelle fonderie o nei campi?

“Queste persone, ha aggiunto don Bedin, hanno dei volti, dei nomi, un futuro. Noi cerchiamo di aiutarli, di facilitarne l’integrazione. Ogni estate, prima dell’inizio delle scuole 100-120 ragazzini frequentano la nostra scuola per imparare un po’ di italiano”. Però “C’è un clima politico ostile e ipocrita: sfruttiamo la loro presenza e poi non attuiamo politiche di reale accoglienza. Una volta giunti in Italia gli immigrati devono attendere 3-5, anche sette anni, per ricevere un documento che consenta loro di lavorare in regola. Occorrono, appunto, regole certe. Le ingiustizie non fanno bene nemmeno agli italiani. La frase “prima gli italiani” è oscena. Andrebbe attuato lo “ius soli” per consentire ai bambini di diventare presto italiani a tutti gli effetti: oggi devono attendere il compimento dei 18 anni…”

Il Serra Club di Taranto festeggia la vocazione al matrimonio

Martedì 21 febbraio, un incontro inconsueto, coinvolgente e festoso. “Vogliamo oggi festeggiare l’amore coniugale delle nostre meravigliose coppie, testimonianza di tanto affetto, dedizione ed impegno. La vocazione al matrimonio, il sorriso di una famiglia, illuminano il mondo!” con queste parole Maria Cristina Scapati, nostra presidente, ha reso omaggio e sottolineato come l’essere sposi sia un segno grande di come l’amore di Dio si realizza nella normalità della vita di coppia.

Dare amore, trasformare l’amore nel nostro progetto di vita, nel centro di gravità di tutti gli altri progetti, almeno di quelli che vengono realizzati, questo è il senso del matrimonio cristiano, ha detto Don Francesco Maranò, nostro cappellano. E ci ha consegnato le parole di Papa Francesco agli sposi “Le diverse situazioni della vita – il passare dei giorni, l’arrivo dei figli, il lavoro, le malattie – sono circostanze nelle quali l’impegno assunto vicendevolmente suppone che ciascuno abbandoni le proprie inerzie, le proprie certezze, gli spazi di tranquillità e vada verso la terra che Dio promette: essere due in Cristo, due in uno. Un’unica vita, un “noi” nella comunione d’amore con Gesù, vivo e presente in ogni momento della vostra esistenza. Dio vi accompagna, vi ama incondizionatamente. Non siete soli! “

Nelle nostre città, dove l’indifferenza e la noia hanno creato deserti per mancanza d’amore, il sorriso di una famiglia è capace di ricreare relazione e socialità. E questo è l’apporto vincente dell’amore sponsale che nessuna ingegneria economica e politica è in grado di sostituire. “Una coppia che si ama è come una fortezza che le tempeste della vita non riusciranno mai ad abbattere. Una casa costruita sulla roccia. Una speranza per tutti”.

Tante le coppie presenti in questa serata festosa all’insegna della leggerezza e della gioia. Preparata con cura certosina dalla nostra Presidente è stata il segno di una grande comunione fraterna della famiglia serrana. Tanti fiori, tante voci, tanta amicizia. Incontrarsi per parlarsi, per rivivere pensieri e ricordi, perché la reciprocità dell’amore nasce da piccole semplici cose condivise e da tre semplici parole “permesso, grazie, scusa”.

 

 

Maria Silvestrini

Club di Prato. Incontro di febbraio 2023

Il 20 febbraio 2023, il Serra Club si è ritrovato alle 19:45 in Seminario Vescovile iniziando con il momento di preghiera dei vespri guidati dal Vicario Generale Monsignor Daniele Scaccini il quale ci ha introdotti nel tempo quaresimale che inizia col Mercoledì delle Ceneri simbolo storico in cui una volta i fedeli iniziavano il loro cammino penitenziale in cui i loro peccati sarebbero stati assolti durante la Settimana Santa nel giorno del Giovedì Santo.

Mons. Scaccini ha ricordato che nel Rito Ambrosiano il tempo quaresimale inizia, invece, la prima domenica di quaresima ovvero “In Capitae Quadragesimae” che tradotto in italiano significa “Inizio di Quaresima”. In questo tempo noi cattolici siamo chiamati ad astenerci dal mangiare la carne e fare digiuno il Mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì Santo. Il digiuno deve essere un modo per avvicinare la nostra vita al Signore, che niente toglie ma tutto dona, diceva il Papa Emerito Benedetto XVI. Le parole pronunciate dal sacerdote durante il rito dell’imposizione delle ceneri si rifanno a quelle di Gesù quando iniziò la sua missione in Galilea con i primi discepoli dicendoli chiaramente: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”. Questo significa che dobbiamo fidarci del Signore, stando lontano dai pensieri umani come quando Gesù rimprovera Pietro per aver fatto il suo primo annuncio della passione dicendoli: “Satana allontanati da me perché pensi secondo gli uomini anziché secondo Dio”.

Dopo la preghiera ci siamo spostati nel refettorio per la cena e con noi erano presenti la nostra Governatrice di Distretto Elena Baroncelli e Monsignor Basilio Petrà. Dopo cena ha preso la parola il nostro relatore Don Carlo Bergamaschi attuale Parroco della Chiesa di San Bartolomeo a Coiano a parlare di questa tematica: “La Pastorale Sanitaria al tempo del Covid e oltre”. Era stato ospite al nostro Serra quattro anni fa nel 2019 durante la presidenza di Roberto Stramazzo in cui aveva parlato della sua opera sanitaria in quanto Cappellano dell’Ospedale prima del Misericordia e Dolce ed ora del Santo Stefano inaugurato nel 2013 quindi dieci anni fa. La pastorale sanitaria è una delle missioni più difficili perché non è facile entrare in relazione con i malati affetti da patologie di vario tipo e ci sono casi dove si risolvono bene perché i malati guariscono o stanno meglio dalla loro patologia, mentre altri casi sono irreversibili ed il paziente è destinato ad andarsene. Non è facile trovare le parole giuste per portare consolazione e conforto perché ogni malato ha una certa reazione per via della situazione che sta vivendo e se ha fede riesce ad affrontarla meglio rispetto a chi non crede ma trova conforto nelle persone a lui care e ci sono casi in cui c’è chi riesce a convertirsi negli ultimi giorni di vita anche se la Misericordia di Dio è infinita anche su quelli che non si convertono ma hanno il cuore buono che è la cosa che importa a Dio, che guarda in ciascuno di noi. In ospedale ci sono malati di altre etnie come africani, bengalesi, cinesi, pakistani che hanno un credo religioso diverso dal nostro. Però Don Carlo non si è mai tirato indietro ed ha portato il suo supporto anche a loro seppure non sia stato sempre ben accetto e gradito, ma questa è la missione che ha un cappellano e non è sempre la stessa ma comporta un rinnovamento giornaliero. Quando è arrivata la pandemia verso la fine del 2019-inizio 2020 le cose sono cambiate per via delle terapie intensive e rianimazioni che si sono riempite a causa dei tanti ricoverati e Prato è stata la città con maggior numero di contagi rispetto ad altre. Fra i morti di Covid 19 ci hanno lasciato alcuni sacerdoti come Don Uberto Fedi (1931-2020) storico parroco di Tavola ed era il decano del clero pratese, Don Renato Fiaschi (1936-2021) per anni parroco a Vaiano e Figlie nonché assistente spirituale degli alpini, Don Mauro Rabatti (1939-2021) che ha guidato per tutta la sua vita la comunità di Santa Lucia e anche allora non è stato facile fare il cappellano visto la lontananza fra i malati e i propri cari e anche per portare la comunione o dire una preghiera dovevano essere super protetti di mascherine e altro. All’interno della cappella dell’ospedale viene celebrata la Santa Messa la mattina e il pomeriggio e non è mai mancata la Via Crucis all’esterno del presidio ospedaliero il Venerdì Santo di ogni anno anche in tempo di pandemia per scongiurare la fine della pandemia. La figura del cappellano è molto sentita nel Nord Italia perchè ci sono alcune strutture sanitarie gestite da sacerdoti e religiosi ma anche da noi ha la sua importanza come in altre parti del paese ci ha detto Don Carlo che quest’anno celebra trenta anni di sacerdozio avvenuto nel lontano 1993 quindi auguri per il suo traguardo ma continuiamo a pregare per le vocazioni sacerdotali.

Marco Giraldi-Vicepresidente delle Rispettive Comunicazioni Sociali del Serra Club di Prato 534 appartenente al Distretto 71 della Regione Toscana Nord/Sardegna