Acireale celebra la giornata della Fondazione BJ.S.

Giornata della Fondazione BJ.S.
Un nutrito gruppo di Soci del Serra Club Acireale ha partecipato con molta attenzione alla relazione di Fra Carmelo, Padre Guardiano del Convento S. Biagio dei frati minori, il quale ha sottolineato come anche il cammino di evangelizzazione di S. Junipero Serra sia partito dalle Beatitudini, tema dell’anno e dal “Discorso della Montagna”, dal Vangelo secondo Matteo.

A seguire la partecipazione alla Celebrazione Eucaristica.

Vera Pulvirenti

 

Buon cammino di Avvento

Iniziamo oggi un nuovo anno liturgico con il tempo di Avvento che ci condurrà a contemplare nel presepio il Dio che si fa uomo per noi  … Un tempo, quello che ci apprestiamo a vivere, che ci esorta a concentrare la nostra attenzione e la nostra esistenza sulle cose essenziali… a risollevare e ad alzare il nostro capo verso la Speranza che in Gesù si fa Certezza, un tempo in cui Gesù stesso ci dice di stare attenti… di stare attenti a noi stessi… affinché  gli affanni della vita non appesantiscano i nostri cuori, ma anzi affinchè possiamo vivere nella grazia di Dio e nella sua amicizia…   Un Dio fedele nonostante le nostre infedeltà… Un Dio che ci chiama alla Speranza anche di fronte alle delusioni… agli insuccessi…agli affanni… ai dolori che la vita ci riserva. La Parola del Signore che oggi la liturgia ci offre ci accompagna infatti fuori dalla porta della nostra casa… ci accarezza il volto mentre solleva i nostri occhi colmi di lacrime verso l’alto per renderci consapevoli che siamo parte di un Amore infinito… di una vita che non muore… ma che nasce … soffre… e vive… anche quando è chiamata ad attraversare la sofferenza… la paura… il dolore che lacera il cuore… perché l’Amore a cui e da cui siamo stati chiamati è più grande di tutto… persino della nostra fragilità… E finchè il nostro cuore  e la nostra mente ricorderà il perché siamo stati chiamati a vivere su questa terra… il perché del nostro servizio… e il nome di Colui per virtù del quale ognuno di noi è salvo… non ci sarà spazio per alcuno scoraggiamento…non ci sarà tempo perché il nostro cuore si appesantisca…  E i nostri giorni saranno giorni di attesa…l’attesa di un Dio che viene per noi… un Dio che respira con noi… un Dio che soffre con noi e con noi gioisce…  un Dio il cui cuore pulsa e palpita insieme al nostro … un Dio che è venuto ad indicarci la strada attraverso cui giungere al Suo Regno… alla gioia senza fine fin da questo cammino terreno… un Dio che in Cristo viene a dirci di persona che un mondo diverso è possibile… un mondo più buono… più giusto… E nell’attesa dell’incontro più importante della nostra esistenza, quando il nostro volto si troverà faccia a faccia con quello del Signore Gesù, siamo esortati a vegliare…a pregare in ogni momento per sfuggire al male… per aprire il nostro cuore alla Grazia di Dio… che non ci abbandona mai… ma che ci è vicino e che ci viene incontro nei nostri giorni per risollevarci… per sostenerci…per  consolarci… per salvarci… Questo Tempo dunque ci è donato per andare con gioia incontro al Signore che viene per noi… per incontrarlo nell’Amore con cui vuole abitare i nostri giorni… nella Misericordia che si rivela ogni volta ai nostri occhi nel volto di Cristo… per contemplarlo nel Natale ogni giorno della nostra vita… in un attesa che  vede realizzarsi giorno dopo giorno la Speranza Certa della vita senza fine che Gesù stesso ha preparato per ognuno di noi… una Speranza che soffia sulle vele della nostra esistenza terrena per condurci a casa… nella nostra casa celeste… dove il tempo dell’attesa finirà per far posto alla Gioia senza fine in cui vivremo per sempre.

Roberto

Organista della Basilica di San Sebastiano in Roma

 

 

 

Club di Venezia. Programma del prossimo incontro con la Presidente Paola Poli

 

 

SERRA INTERNATIONAL ITALIA

Distretto N° 78
VENETO-TRENTINO-FRIULI VENEZIA GIULIA
Club Venezia n° 578
fondato il 18/11/1983

Maria Santissima, Madre delle vocazioni e San Junipero Serra pregate per noi.

Circolare n° 08/2021

Venezia/Mestre, 26 novembre 2021

Al Cappellano del Serraclub di Venezia, Reverendissimo Mons. Gianni Bernardi
Alla Presidente Nazionale del Serra Club, Paola Poli
Alla Governatrice del Distretto 78 Veneto/Trentino/ Fiuli, Nella Dosso,
A tutti i Soci Serrani,

Con immensa gioia, ho il piacere di condividere con Voi i nostri appuntamenti di dicembre 2021, in particolare la cena conviviale di giorno 03 dicembre 2021 alla presenza della Presidente Nazionale del Serra Club, Paola Poli, la Governatrice Distrettuale del Triveneto, Nella Dosso, e l’incontro di preghiera che avverrà giorno 04 dicembre 2021, con Sua Eccellenza Reverendissima il Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, ed il Rettore del Seminario,
Don Fabrizio Favaro e tutti i Seminaristi.
Di seguito Vi comunico il programma:
Venerdi, 03 dicembre 2021:
a) alle ore 18:30 assisteremo alla celebrazione della Santa Messa che sarà officiata dal nostro Cappellano del Serra Club di Venezia, Mons. Don Gianni Bernardi, che si terra in Mestre presso il Duomo di San Lorenzo Martire;
b) alle 19:30 ci recheremo presso la Trattoria “da Terzo” sita in Mestre Via Olivi, 41 nella quale avremo una saletta riservata in tale occasione seguiremo il seguente programma:

  • saluto del Cappellano del Serra Club Mons. Don Gianni Bermardi e seguente invito alla Preghiera alla Beata Vergine Maria;
  • saluto da parte del Presidente del Serra Club, Giuseppe Cascio, alle autorità Diocesane e Serrane, e presentazione dei soci del club di Venezia;
  • saluto della Presidente del Serra Club Nazionale, Paola Poli e consegna dei distintivi serrani agli iscritti;
  • saluto della Governatrice del Triveneto, Nella Dosso;
  • conclusione dei lavori con la recita della Preghiera del Serrano.
    In tale saletta messa a disposizione ceneremo insieme*

Sabato 04 dicembre 2021:
alle ore 06:40 raduno a Piazzale Roma (Venezia) per il trasferimento** presso la Basilica di Santa Maria della Salute;
alle ore 07:30 recita del Santo Rosario presso la Basilica della Madonna della Salute in Venezia, insieme a Sua Eccellenza Reverendissima, il Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia, ed al Rettore del Seminario Patriarcale di Venezia, Don Fabrizio Favaro, e con la presenza dei seminaristi;
alle ore 08:00 assisteremo alla Santa Messa presieduta da Sua Eccellenza il Patriarca di Venezia.
Dopo la celebrazione avremo la possibilità di stare un po’ insieme a Sua Eccellenza, al Rettore del Seminario, ma soprattutto conoscere di persona i seminaristi.
Sicuro di vederVi tutti a tali eventi, Vi rivolgo un caloroso abbraccio

Il Presidente del Serra Club di Venezia

Giuseppe Cascio

Siempre adelante!! ( San Junipero Serra)

* chiunque volesse partecipare alla cena la quota per la conviviale è di € 30,00 (eventuale adesione dovrà essere comunicata allo scrivente entro il 01/12/2021);
** chiunque fosse interessato al trasferimento in taxi è possibile prenotare la corsa al prezzo di € 13,50 andata/ritorno cadauno, posti consentiti max 15, (eventuale adesione da comunicarsi allo scrivente entro il
01/12/2021)

Avv. Giuseppe Cascio – Via G. Bruno n° 13 – c.a.p. 30174- Mestre/Venezia
cell. 3494704195- mail: serraclubvenezia@gmail.com

Congresso Nazionale Vocazionale on line. Sono aperte le iscrizioni!

Condividiamo il link del sito web dell’Ufficio Nazionale della Pastorale delle Vocazioni, attraverso il quale è possibile iscriversi al Convegno Nazionale per le Vocazioni che si terrà on line dal 3 al 5 gennaio 2022.Per maggiori informazioni e dettagli e per iscriverti clicca qui.

 

Club Caltagirone. Festa di Maria Bambina presentata al Tempio Patrona del Seminario e festa del Bicentenario di fondazione

Nella ricorrenza del Bicentenario di fondazione del Seminario diocesano, numerosi soci del Club nei giorni 21 e 22 Novembre hanno partecipato alla festa di Maria Bambina presentata al Tempio, Patrona del Seminario. Il Vescovo, Mons. Calogero Peri in una lettera alla Diocesi ha comunicato che in questo anno pastorale la Comunità del Seminario inizierà le esperienze pastorali il fine settimana nelle parrocchie della Diocesi. Esperienza che sarà d’aiuto in modo per conoscere i nostri seminaristi e per loro sarà l’occasione favorevole per conoscere le realtà della nostra Chiesa. Il Vescovo inoltre ritiene che sia opportuno il sostegno di tutta la comunità diocesana “Carissimi prendiamoci cura del nostro Seminario con l’affetto, la cura, la preghiera insistente e la nostra solidarietà, perché possa crescere in santità e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Domenica 21 Novembre al Seminario Estivo di San Bartolomeo alle 18,30 dopo il Santo Rosario si è svolta la celebrazione eucaristica con i familiari dei seminaristi, le zelatrici, i zelatori dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche ed i soci Serrani.

Lunedì 22 Novembre nella Basilica Cattedrale San Giuliano alle 17,00 sono state presentate dal Rettore del Seminario Don Salvatore Luca le linee del progetto educativo relazionando sulle indicazioni che fornisce La Ratio Fundamentalis, promulgata l’8 dicembre 2016 dalla Congregazione per il Clero. Il Rettore ha evidenziato che la Ratio propone una formazione unica, integrale, comunitaria e missionaria che cura in maniera equilibrata tutte le dimensioni della persona del seminarista, cioè spirituale, umana, intellettuale e pastorale. Ancora Don Luca ha specificato che la formazione dei seminaristi è divisa in quattro grandi tappe: “tappa propedeutica” 8 1 o 2 anni ), “tappa degli studi filosofici” ( 2 anni ), “tappa degli studi teologici” ( 3 anni ) e “tappa pastorale” o di “sintesi vocazionale” ( 1 o 2 anni ). Intervento conclusivo del Vescovo che ha ancora una volta sottolineato che per incrementare la pastorale vocazionale è necessario l’impegno di tutti, in particolare dei parroci, prendendosi cura del gruppo ministranti e cercando di orientare i giovani in discernimento a partecipare agli incontri vocazionali mensili organizzati dal Seminario. Infine i seminaristi si sono singolarmente presentati alla comunità. Alle 18,30 è iniziata la solenne celebrazione eucaristica presieduta da S.E. Mons. Calogero Peri con la partecipazione del clero diocesano. Durante la celebrazione sono stati ricordati importanti anniversari di ordinazione sacerdotale, il 60° di Don Giacomo Gerbino, Parroco Emerito di Mazzarrone ed il 25° di Don Giuseppe Casanova, Don Francesco Brancato e Don Francesco Messina.

Mario Amore

Il Club di Grosseto si rallegra per Simone Castellucci

Simone Castellucci, seminarista della Diocesi di Grosseto, Domenica 21 Novembre 2021, nella solennità di Cristo Re, riceve il ministero dell’Accolitato nel Duomo di Orbetello.

Presiede il Rito, Sua Eccellenza Reverendissima mons. Giovanni Roncari, Vescovo delle Diocesi di Grosseto e Pitigliano-Sovana-Orbetello.

I ministeri del Lettorato e dell’Accolitato – ministeri istituiti – vengono ricevuti dai seminaristi nel corso degli anni, durante il cammino verso l’Ordine sacro: svolgere per qualche tempo questi ministeri-servizi ha una funzione formativa, mentre ci si prepara a ricevere il Sacramento dell’Ordine.

Buon cammino a Simone, agli altri tre ragazzi che hanno ricevuto il suo stesso ministero ed al nostro vescovo Giovanni, che oggi festeggia il VI anniversario di ordinazione Episcopale.

 

Accompagniamo tutti con le nostre preghiere, affinché il Signore li sostenga sempre, particolarmente nei momenti più difficili e faticosi.

 

Maria Rosaria Cacciabovi De Cesaris

Club di Ferrara. Il Serra incontra le Clarisse.

Un pomeriggio con le Clarisse: un prezioso e indimenticabile momento di condivisione spirituale, umana e culturale. Il Serra club Ferrara ha incontrato, il 15 novembre scorso, le monache dell’antico convento del Corpus Domini che sorge nel centro storico della città estense.

L’incontro si è rivelato un privilegio, un autentico dono per il folto gruppo di partecipanti. Il convento ospita undici sorelle che, come ha osservato in apertura la superiora, vogliono “Vivere il Vangelo ogni giorno in fraternità”, sapendo che “Il povero è il nostro maestro”.

Una giovane clarissa (l’Ordine è nato nel XIII secolo) ha poi illustrato ai serrani la lunga ed emozionante storia del convento, eretto all’inizio del 1400 e che ebbe come grande punto di riferimento la santa Caterina Vegri.

Nel bellissimo coro della chiesa sono sepolti molti esponenti della Casa d’Este fra i quali i quattro ultimi duchi, la celebre Lucrezia Borgia (terziaria francescana come Eleonora d’Aragona) e i protagonisti di una celebre faida familiare (Giulio e Ferrante).

Bellissime le testimonianze delle sorelle, alcune giovanissime, che in convento provano “una sensazione di casa e di famiglia” e la loro è “una risposta a un amore esagerato” con l’individuazione del “senso della propria vita”.

Ed ecco la sintesi dell’intervento della superiora:

“La nostra vita viene impostata come una risposta al dono ricevuto. Ogni giorno serve per fare memoria del dono. Memoria di quello che il Signore ha fatto per ciascuno di noi. Le nostre tre principali azioni sono: ascolto, memoria e gratitudine. Ci chiediamo sempre quale sia il senso della vita.

Siamo in clausura ma sempre attente ad ascoltare ciò che ci sta intorno e come il Signore ci fa reagire a ciò che incontriamo. La misericordia del Signore è grande. Se pensiamo che il nostro esempio sia specchio per quelli con cui entriamo in contatto, pensiamo al senso di umiltà e fratellanza.

Il nostro esercizio quotidiano è che la nostra debolezza non abbia vittoria. Alla debolezza non vogliamo darla vinta: questa è la lotta quotidiana”.

L’incontro è il primo di una miniserie organizzata per conoscere le realtà claustrali della città che, oltre alle citate Clarisse, comprendono le Carmelitane scalze e le Benedettine.

Il ddl Zan: un bilancio critico

Il ddl Zan: un bilancio critico.

di Giuseppe Savagnone

Il 19 novembre nella chiesa della Madonna di Monte Oliveto, presso il Seminario di Palermo, si è svolto l’incontro del Serra Club di Palermo col prof. Giuseppe Savagnone sul tema: Il ddl Zan: un bilancio critico. Il tema dell’incontro era stato concordato dal Direttivo con i seminaristi stessi. Ringraziamo il prof. Savagnone per la disponibilità, la chiarezza dell’esposizione e per averci donato il testo che segue per il sito del Serra Italia. Per un approfondimento del tema, il prof. stesso ci ha indicato un suo testo: Il Gender spiegato a un marziano.

La portata educativa del ddl

Può sorprendere che un ddl, il cui immediato obiettivo era semplicemente di aumentare le pene per reati sostanzialmente già previsti dal nostro Codice, abbia suscitato le violente polemiche di cui siamo stati testimoni in questi ultimi mesi. Il fatto è che la vera posta in gioco non sono mai stati gli anni in più o in meno che un eventuale omofobo violento dovrebbe scontare, ma il carattere fortemente simbolico e pedagogico che la nuova legge avrebbe avuto.

La legislazione di un Paese, infatti, non mira solo a regolamentare singole situazioni, bensì a influenzare la mentalità e il costume, plasmando così il volto di una società e delle persone che vivono in essa. Le norme giuridiche, insomma, in quanto rendono lecito o illecito un certo comportamento, additandolo pubblicamente come espressione di un valore o di un di-valore, hanno anche una funzione educativa.  Aristotele non faceva che dar voce al buon senso quando scriveva che «i legislatori rendono buoni i cittadini creando in loro determinate abitudini» (Etica Nicomachea, 1103 b).

Per questo, a quanti facevano notare che già nel nostro Codice penale è ampiamente assicurata una tutela dei diritti delle persone – inclusi, ovviamente, gli omosessuali – , concludendone che questa nuova normativa era dunque superflua, i sostenitori del ddl Zan hanno sempre replicato che nel nostro ordinamento manca, però, una specifica menzione dei reati legati all’omofobia, che invece è presente  nella legislazione di molti altri Paesi.

In quest’ottica, non basta che gli individui siano tutelati come persone: devono esserlo, esplicitamente, nella loro «identità sessuale» e nei loro «orientamenti sessuali», assunti così come valori riconosciuti dalla collettività e ormai indiscutibili.

Un’esigenza condivisibile

Per questo il ddl non si riduceva – come dicevano i suoi sostenitori – alla tutela di soggetti emarginati e perseguitati per la loro diversità sessuale. Un simile progetto sarebbe stato pienamente condivisibile. La nostra storia passata e presente è piena di «pregiudizi, discriminazioni, violenze» nei confronti di gay, lesbiche, transessuali.  Le persone omosessuali sono state – e spesso sono ancora – derise, umiliate, emarginate, a volte anche perseguitate.  Le si è costrette a nascondersi, a mascherare la loro vera identità e a darle libera espressione solo nell’oscurità di ambienti ambigui e violenti, privandole così del diritto di avere una vita affettiva – non solo sessuale! – come tutti gli altri. E ancora oggi suscita scandalo in tanti la presa di posizione di papa Francesco, quando afferma che «gli omosessuali sono figli di Dio», esattamente come gli etero, portatori come tutti dell’immagine di Dio impressa nei loro volti.

Si capisce allora che alla base del disegno di legge ci fosse  non solo e non tanto la volontà di combattere, assumendoli come  reati formali, comportamenti spregevoli ancora tristemente riscontrabili nella cultura diffusa, ma quella di rivendicare la dignità umana di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Su questo nessuno, tanto meno i credenti, potrebbe e dovrebbero avere nulla da obiettare.

Solo che, per realizzare questo più che legittimo obiettivo, sarebbe bastato il ddl Scalfarotto (che il testo dell’on.  Zan ha assorbito e sostituito), in cui ci si limitava a rendere simbolicamente più pesanti le pene per i reati «fondati sull’omofobia o sulla transfobia». La novità del nuovo ddl era invece l’introduzione di categorie concettuali proprie delle gender theories, che, se il testo fosse stato approvato, sarebbero state riconosciute e rese vincolanti nel nostro ordinamento giuridico.

Il genere sganciato dal sesso

Quella su cui più acceso è stato il dibattito è espressa nella definizione, contenuta nell’art. 1, dell’«identità di genere»: «Per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione».

Mentre il sesso è costituito da quell’insieme di caratteri biologici e morfologici, inscritto nella corporeità di una persona fin dalla sua nascita, per cui si è maschio oppure femmina, ed è dunque un dato oggettivo, l’«identità di genere» dipende dalla percezione che il soggetto ha di sé anche se questa non corrisponde al sesso. E ciò anche se non ha già «concluso un percorso di transizione», in altri termini, anche se non ha ancora “cambiato sesso” con l’aiuto di interventi chimici o chirurgici.

Ora, che si possa distinguere tra il sesso biologico e la percezione soggettiva della propria «identità di genere» (nella stragrande maggioranza dei casi, peraltro, corrispondente al sesso), è indiscutibile. Non si nasce uomo, come non si nasce donna. La caratterizzazione biologica e morfologica distingue i sessi, trova, però, la sua piena realizzazione quando il maschio e la femmina se ne appropriano attraverso la loro crescita complessiva.

Ma questo non significa che la dimensione fisica sia irrilevante, come pretendono le gender theories nelle loro forme estreme. I corpi, con la loro struttura biologica morfologica, hanno un loro racconto che deve essere ascoltato e non può essere messo tra parentesi, affidandosi solo a una esperienza soggettiva come «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso».

La corporeità non può dunque essere liquidata come un puro insieme di “pezi” e di meccanismi biologici. Essa è strutturalmente umana e meritano di essere rispettata e valorizzata, nella consapevolezza che l’identità sessuale completa di una persona non dipende solo dalla sua struttura corporea, ma anche nella certezza che non può prescindere da essa.

Ora, fissare come normativa, in un testo legislativo, l’«identità di genere», a prescindere dal sesso, significa mettere in secondo piano, in linea di principio, questa dimensione fisica, biologica, corporea, di una persona, per privilegiare unilateralmente la sua percezione soggettiva.

Si ha, ovviamente, il diritto di vedere le cose in questo modo, ma bisogna rendersi conto che questo non è più un dato bensì, per quanto molti si accaniscano a negarlo, una teoria – o, più precisamente, una ideologia -, una ben precisa concezione della sessualità, che, se fatta propria dall’ordinamento, avrebbe creato un precedente, anche al di fuori delle questioni specifiche affrontate nel ddl Zan.

La protesta delle femministe

A evidenziarlo, curiosamente, sono state ben 17 associazioni femministe, tra cui Arcilesbica, che in un loro documento, hanno protestato contro di esso, citando un esempio molto concreto: «In California 261 detenuti che “si identificano” come donne chiedono il trasferimento in carceri femminili».  Con grande allarme, ovviamente, delle donne in senso biologico detenute in queste carceri.

Ma ci sono altri casi che balzano agli occhi. Che succederebbe se un individuo caratterizzato biologicamente come maschio dicesse di “sentirsi” donna e pretendesse, perciò, di essere ammesso nel bagno o nello spogliatoio femminile? Negarglielo non significherebbe discriminarlo, misconoscendo la sua «identità di genere»…?

E, nelle discipline sportive in cui è fondamentale la distinzione tra le gare femminili e quelle maschili, basata sulla differenza di sviluppo muscolare, potrebbe essere ammesso alle prime, come concorrente, un maschio che “si sentisse” donna?

Insomma, una simile visione, secondo le associazioni femministe che l’hanno contestata, non rispetta la peculiarità dell’identità femminile e i suoi spazi propri. Nel loro documento si osserva a questo proposito: «Il “genere” in sostituzione del “sesso” diviene il luogo in cui tutto ciò che è dedicato alle donne può essere occupato dagli uomini che si identificano in “donne” o che dicono di percepirsi “donne”».

Gli effetti sulla famiglia e sull’educazione

Anche senza arrivare a queste ipotesi estreme, una legge in cui si fosse sancita solennemente la perfetta “normalità” e la piena equiparazione dei comportamenti transessuali e omosessuali a quelli eterosessuali avrebbe avuto una immediata ricaduta sull’immagine condivisa della famiglia, prima ancora che sul suo regime giuridico.  A cominciare dall’estensione alle coppie gay o lesbiche del diritto morale di avere dei figli con tutti i mezzi a disposizione, magari ricorrendo a quello, squallido, dell’utero in affitto, già purtroppo utilizzato anche da qualche coppia etero, e che per quelle gay sarebbe stato l’unico possibile.

Ma gli effetti più dirompenti di questa “rivoluzione culturale” sarebbero stati a livello educativo. Nell’art. 6, del ddl si prevedeva l’istituzione di una “Giornata nazionale contro l’omofobia” – che sarebbe stata celebrata il 17 maggio – in cui sarebbero state organizzate «cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile, anche da parte delle amministrazioni pubbliche e nelle scuole».

Quale messaggio sarebbe stato proposto in questa occasione e in tutte le alte che indubbiamente, all’ombra di quella, si sarebbero moltiplicate? Per saperlo, basta andare a vedere i tentativi già fatti in un recente passato per far entrare le gender theories nel nostro sistema educativo.

Alcuni anni fa, su commissione di un ufficio governativo, l’UNAR, l’Istituto Beck ha elaborato, con la collaborazione delle associazioni LGBT,  tre opuscoli – uno per ogni diverso livello di scuola – con l’unico titolo Educare alla diversità nella scuola, destinati ad essere distribuiti a tutti gli insegnanti (in realtà la distribuzione fu poi bloccata nell’aprile del 2014, da una decisione del Miur, dopo che il quotidiano dei vescovi «Avvenire» aveva denunciato la problematicità del loro contenuto). Lo scopo era di combattere ogni forma di discriminazione dei “diversi”, con particolare riferimento all’aspetto sessuale.

Proprio in questa polarità veniva infatti individuata la matrice della violenza. Da qui la necessità di superarla: «Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale.  La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale.  A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse» (Istituto Beck, Educare alla diversità a scuola. Scuola primaria, p.3).

Per rimediare a questa situazione, negli opuscoli in questione si raccomandava agli insegnanti, fin dalla scuola primaria,  di «non assegnare attività diverse a seconda del sesso biologico, di «non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assuma che l’eterosessualità sia l’orientamento “normale”, invece che uno dei possibili orientamenti sessuali)» di far capire ai bambini/ragazzi/adolescenti che  «i rapporti sessuali omosessuali sono naturali», equiparandoli sistematicamente a quelli etero: «Quindi potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: “i rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?”» (ivi, p.23). Si chiedeva inoltre di far sempre riferimento, nell’attività didattica, alla famiglia gay, perfino nel proporre di problemi di matematica. Per esempio: “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”» (ivi, p.6).

Si tratta di una linea che per superare l’innegabile proliferare della violenza nei confronti dei “diversi”, piuttosto che educare al rispetto della diversità, punta sulla sua neutralizzazione, promuovendo l’idea che la polarità sessuale maschio-femmina è irrilevante. Da qui l’impegno sistematico, sul piano educativo, a sganciare l’«identità di genere» dalla corporeità, affidandola alla esperienza soggettiva di singoli.

Dal punto di vista pedagogico ci si potrebbe chiedere se sia opportuno caricare di un simile problema personalità ancora molto acerbe (si comincerebbe fin dalla scuola primaria), in una fase della vita in cui l’identità sessuale ha ancora bisogno di definirsi e il riferimento alla propria caratterizzazione sessuale in senso biologico è molto importante.

Ma, più in generale, si tratterebbe di una “rivoluzione culturale”, a cui la codificazione giuridica della «identità di genere» contenuta nel ddl Zan darebbe la sua copertura, senza che questo concetto sia stato mai veramente discusso e accettato democraticamente. Giusta o sbagliata che sia questa concezione della persona e della sessualità, non si rischia di introdurre, così, surrettiziamente, un’ideologia di Stato, contro le logiche di una società veramente pluralista?

Tanto più che si voleva che questo messaggio giungesse non solo agli studenti della scuola secondaria, maggiormente in grado di valutarlo criticamente, ma a quelli di ogni orine e grado, fin dalle elementari, come dimostra che,  nel dibattito alla Camera sul ddl Zan è stato espressamente respinto un emendamento che chiedeva fosse introdotta, per i più piccoli, la condizione del consenso dei genitori.

Il problema della libertà di pensiero e di espressione

Un punto su ci molto si è discusso – e su cui si è avuto anche un diretto intervento della Santa Sede, è quello della libertà di pensiero e di esperssione. Nel ddl Zan si prevede un aggravio di pena per chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione» nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Ora, come ha fatto notare il card. Parolin, spiegando l’opposizone della Segretreria di Stato vaticana, «il concetto di discriminazione resta di contenuto troppo vago. In assenza di una specificazione adeguata corre il rischio di mettere insieme le condotte più diverse e rendere pertanto punibile ogni possibile distinzione tra uomo e donna, con delle conseguenze che possono rivelarsi paradossali e che a nostro avviso vanno evitate, finché si è in tempo».

Basta, del resto, cercare nel vocabolario «Trecccani»:  il significato di “discriminare” è «distinguere, separare, fare una differenza». Ora, è chiaro che chi – come la Chiesa cattolica, ma non solo – non condivide l’equiparazione piena tra i rapporti eterosessuali e quelli omosessuali, sta ponendo per ciò stesso  una differenza, una discriminazione tra i primi e i secondi. Rientra per questo nella fattispecie criminale prevista dal ddl?

E’ vero che, per rispondere a queste preoccupazioni era stato inserito appositamente nel testo l’articolo 4, che esclude dalla punibilità «la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte». Ma anche questa precisazione contiene, alla fine, una postilla non insignificante: «purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».

Mettendo da parte l’ipotesi estrema della violenza, un giudice non avrebbe potuto considerare una omelia, una catechesi in cui si ricordi a tutti i fedeli che quello tra uomo e donna è l’unico “vero” matrimonio, come manifestazioni di pensiero «idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori»?

Quand’è che la discriminazione – il “fare la differenza” – tra eterosessualità e omosessualità è l’implicazione di una visione dell’essere umano, del corpo, della sessualità, pur nel pieno rispetto delle persone, e quando invece comporta il proseguimento di una secolare, triste tendenza, ancora molto diffusa, a insultare, umiliare, perseguitare, emarginare chi è “diverso”? Questo il ddl Zan non lo precisa.

Qualcuno dirà che già ammettere una diversità è una forma di emarginazione. Non è vero. È proprio questo l’equivoco delle gender theories, quando puntano a “decostruire”, o comunque a minimizzare, la differenza sessuale inscritta nella biologia e nella morfologia dei nostri corpi, considerandola automaticamente fonte di ingiustizia e di violenza. Non è vero che si può rispettare l’altro solo se si elimina la sua diversità.  Al contrario, il vero rispetto nasce proprio dall’accettazione delle differenze. La reazione contro l’“omofobia” non può giustificare una altrettanto disastrosa “eterofobia”, che purtroppo corrisponde alle tendenze omologanti della nostra società.

Una gestione infelice da entrambe le parti

Che alla fine il ddl Zan non sia diventato legge, alla luce di queste osservazioni, è senz’altro positivo. Ma questo esito è stato ottenuto a prezzo di profonde lacerazioni e della negazione anche degli aspetti condivisibili che il testo presentava.

Il fato è che la gestione “politica” di queste legittime esigenze, da entrambe le parti in conflitto, ha lasciato molto a desiderare e ha impedito di mettere a fuoco i punti su cui una convergenza era possibile. A lungo la posizione della Cei è stata del tutto negativa verso il ddl legge Zan, bollato in blocco come superfluo e liberticida.  Non si sono colte le esigenze in sé giuste che esso rappresentava e non si è fatto lo sforzo per distinguerle dalle formulazioni sbagliate.

Solo in extremis – quando ormai era chiaro che il testo stava per diventare legge – in una battuta con i giornalisti il card. Bassetti ha precisato che l’intento dei vescovi non era di affossare il testo, ma di modificarlo. Come del resto oggi ribadisce la Santa Sede, che però è intervenuta troppo tardi per avviare un dialogo costruttivo e si è attirata, con il suo passo, accuse di ingerenza del tutto infondate (qui si tratta del rispetto di un accordo tra due Stati e del legittimo confronto tra essi quando nascono dei problemi), ma accolte in blocco da un’opinione pubblica poco abituata (ancora una volta) a fare distinzioni.

Dal lato del Parlamento si è lasciato che gli equivoci del ddl permanessero, dando spazio alle fazioni che vedono nella battaglia sulle questioni etiche un modo per smantellare la tradizione etica del nostro Paese. Particolarmente assordante il silenzio dei deputati e senatori cattolici disseminati sia a destra che a sinistra, con la sola eccezione – purtroppo sospetta – di quelli che da tempo cercano di accaparrarsi l’elettorato cattolico, ostentando ad ogni occasione una ispirazione evangelica su cui il loro programma complessivo suscita almeno dei legittimi dubbi.

Solo alla vigilia del voto che poi ha silurato il ddl – anche qui, dunque, con evidente ritardo – il segretario del Pd Letta ha avanzato una cauta apertura a eventuali modifiche (peraltro suscitando l’immediata protesta delle associazioni LGBT).

Non resta che sperare che in futuro – perché il problema si ripresenterà, prima o poi – ci sia maggiore saggezza da parte di tutti, per arrivare a una soluzione legislativa che a un lato difenda la dignità delle persone, senza fare entrare nel nostro ordinamento una ideologia di cui abbiamo cercato di mostrare gli errori.

 

Natura giuridica

24 novembre. Giornata della Fondazione Beato Junipero Serra

Il 24 novembre, noi serrani ricordiamo la nascita di San Junipero Serra e festeggiamo la nostra Fondazione BJS.

Sul suo esempio, in questa giornata, sosteniamo le vocazioni con la preghiera ed con l’aiuto concreto alla Fondazione.

75ª Assemblea della CEI. Il papa parla delle beatitudini del vescovo

Riportiamo un estratto dell’articolo di don Daniele Pinton, pubblicato dal quotidiano online laquilablog.it (per leggerlo tutto clicca qui), sul discorso del papa l’apertura della 75a Assemblea generale straordinaria della CEI. Papa Francesco ha focalizzato la sua attenzione sui temi della sinodalità e sulle “Beatitudini del Vescovo”.

Nell’anno del tema nazionale del Serra Italia dedicato proprio alle beatitudini, sembra più che mai opportuno condividere insieme con tutti voi questi spunti di riflessione.

[…] “Papa Francesco si è messo in dialogo e in ascolto dei vescovi, non solo parlando del cammino sinodale delle Chiese in Italia, come era previsto nei temi da trattare, ma aprendo la sua riflessione in forma privata, con un dono significativo ed efficace, per far comprendere la meta del cammino da compiere, che parte dall’interno: un cartoncino raffigurante il Buon Pastore e il testo delle ‘Beatitudini del vescovo’, tratto da una recente omelia dell’Arcivescovo di Napoli, Mons. Domenico Battaglia, tenuta durante l’ordinazione episcopale di tre nuovi ausiliari della sua chiesa particolare, il 31 ottobre 2021.  […]

Attraverso il cartoncino consegnato ai Vescovi italiani, il Papa ha ricordato che per un vescovo, la beatitudine passa dalla povertà, come testimonianza del Regno di Dio, dal condividere i dolori della gente, trovando nell’abbraccio con chi soffre la consolazione di Dio,  dal considerare il ministero episcopale come un servizio e non un potere, facendo della mitezza la sua forza, dal non chiudersi nei palazzi del governo, cercando di lottare a fianco dell’uomo per il sogno di giustizia di Dio, dall’avere a cuore la miseria del mondo, non temendo di sporcarsi le mani con il fango dell’animo umano per trovarvi l’oro di Dio, non scandalizzandosi del peccato e della fragilità altrui perché consapevole della propria miseria, allontanando la doppiezza del cuore, sognando il bene anche in mezzo al male, operando la pace, che accompagna i cammini di riconciliazione, che semina nel cuore del presbiterio il germe della comunione, che accompagna una società divisa sul sentiero della riconciliazione, che prende per mano ogni uomo e ogni donna di buona volontà per costruire fraternità e che per il Vangelo non teme di andare controcorrente.

Ecco il testo delle otto beatitudini del vescovo:

Beato il Vescovo che fa della povertà e della condivisione il suo stile di vita, perché con la sua testimonianza sta costruendo il regno dei cieli.

Beato il Vescovo che non teme di rigare il suo volto con le lacrime, affinché in esse possano specchiarsi i dolori della gente, le fatiche dei presbiteri, trovando nell’abbraccio con chi soffre la consolazione di Dio.

Beato il Vescovo che considera il suo ministero un servizio e non un potere, facendo della mitezza la sua forza, dando a tutti diritto di cittadinanza nel proprio cuore, per abitare la terra promessa ai miti.

Beato il Vescovo che non si chiude nei palazzi del governo, che non diventa un burocrate attento più alle statistiche che ai volti, alle procedure che alle storie, cercando di lottare a fianco dell’uomo per il sogno di giustizia di Dio perché il Signore, incontrato nel silenzio della preghiera quotidiana, sarà il suo nutrimento.

Beato il Vescovo che ha cuore per la miseria del mondo, che non teme di sporcarsi le mani con il fango dell’animo umano per trovarvi l’oro di Dio, che non si scandalizza del peccato e della fragilità altrui perché consapevole della propria miseria, perché lo sguardo del Crocifisso Risorto sarà per lui sigillo di infinito perdono.

Beato il Vescovo che allontana la doppiezza del cuore, che evita ogni dinamica ambigua, che sogna il bene anche in mezzo al male, perché sarà capace di gioire del volto di Dio, scovandone il riflesso in ogni pozzanghera della città degli uomini.

Beato il Vescovo che opera la pace, che accompagna i cammini di riconciliazione, che semina nel cuore del presbiterio il germe della comunione, che accompagna una società divisa sul sentiero della riconciliazione, che prende per mano ogni uomo e ogni donna di buona volontà per costruire fraternità: Dio lo riconoscerà come suo figlio.

Beato il Vescovo che per il Vangelo non teme di andare controcorrente, rendendo la sua faccia “dura” come quella del Cristo diretto a Gerusalemme, senza lasciarsi frenare dalle incomprensioni e dagli ostacoli perché sa che il Regno di Dio avanza nella contraddizione del mondo.